Perché Twitter non vuole i client di terze parti?

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Da una discussione comparsa alcuni giorni fa su Google Groups è emersa la volontà di Twitter di “tagliare” i client sviluppati da terzi, cercando di portare tutti gli utenti del servizio ad utilizzare il client ufficiale.

Il punto chiave del post recita infatti: “Gli sviluppatori ci hanno detto che vorrebbero maggiori indicazioni da noi circa le migliori possibilità per sviluppare su Twitter. Più specificatamente, ci chiedono se dovrebbero creare client/applicazioni che imitano o riproducono il client ufficiale di Twitter. La risposta è no.”

La scusa portata da Twitter è che “according to our data, 90% of active Twitter users use official Twitter apps on a monthly basis”: come dire che 9 utenti su 10 usano già il client ufficiale, e quindi ha ben poco senso investire sullo sviluppo di nuovi client.

E invece i dati di uno studio di Sysomos, effettuato analizzando 25 milioni di tweet postati l’11 marzo 2011, mettono in evidenza un dato ben diverso: i cinguettii che passano dall’applicazione ufficiale sono solo il 58%, mentre il 42% transita su app di terze parti (fra queste nella “top 3” troviamo UberSocial, TweetDeck e Echofone).

Perché dunque Twitter vuole evitare la frammentazione dei client e consolidare tutto sotto il suo cappello? Ufficialmente la scusa è quella di avere una Consistent User Experience, ma io temo invece che sia una questione da un lato di controllo, e dall’altro di pubblicità.

Premesso che non conosco cosa è possibile/non è possibile fare con le API, credo che in Twitter abbiano bisogno che tutti i contenuti passino al setaccio dentro il loro contenitore, sia per motivi di analisi (è da un po’ che si parla di Twitter Analytics), che (soprattutto?) di advertising (vedi i Promoted Tweets).

L’uccellino deve cinguettare dentro la sua gabbia, altrimenti c’è il rischio che non faccia le uova d’oro.

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