Su Il Sole 24 Ore di alcuni giorni fa Gianni Riotta ha scritto un pezzo sulla deriva del Web 2.0, che offre parecchi spunti di discussione/riflessione. Il tema (già trattato più volte su questo blog) è quello della ormai scarsissima qualità dei contenuti online: “una poltiglia di informazione amorfa che rischia di distruggere le idee, il dibattito, la critica” afferma Riotta. Rilancio la discussione da queste colonne, partendo da 2 punti: 1. La qualità non fa parte dei motori di ricerca Non dico che mirino solo alla quantità, ma sicuramente la qualità non è il focus. Da qualche tempo la tendenza è di puntare all’Universal Search (un mix di testi, immagini, video, mappe), ora condita pure dal real-time e dal social. Parecchie SERP sono monopolizzate da Wikipedia (c’è chi dice che in praticamente tutte la popolare enciclopedia sia nei primi 10 posti, chi parla di quasi 1 risultato su 3 ai vertici della Top 10): “se volete sapere qualcosa la chiedete a Google, che vi manda a Wikipedia, punto e basta. Altrimenti la gente finisce nella bolla dei siti arrabbiati, degli ultras, dove ascolta solo chi rafforza le sue idee”, sentenzia Riotta (citando il pensiero di Jaron Lanier). Non so se Caffeine riuscirà ad essere più “meritocratico”, ma quello che possiamo osservare oggi è un web dove vige “l’appiattimento dei contenuti online”, e dove l’imbuto dal quale passano (quasi) tutti gli utenti per trovare ciò che cercano è Google. Con tutto ciò che ne consegue. 2. I limiti della web-democrazia Altro tema trattato dall’articolo del Sole è quello della “democrazia di rete”: “quando la rivoluzione [quella del passaggio dalla TV al Web] c’è stata la creatività è stata uccisa, e il web ha perso la dignità intellettuale”. Lanier incalza: “un coro collettivo non può servire a scrivere la storia, né possiamo affidare l’opinione pubblica a capannelli di assatanati sui blog. La massa ha il potere di distorcere la storia, danneggiando le minoranze, e gli insulti dei teppisti online ossificano il dibattito e disperdono la ragione”. Discorso politico a parte, questo argomento solleva a sua volta due temi di grande importanza: quello del valore, e quello della verità. Il web attuale è privo sia di contenuti di qualità che di contenuti “veri”. Si scrive sempre meno – o si scrive solo pensando ai soldi che i banner potrebbero generare – e si perde sempre più tempo all’interno di contenitori sociali inutili, o a produrre flussi di micro-messaggini sgrammaticati simili ad SMS adolescenziali. E spesso non si cerca il confronto, ma la rissa, non si cerca di comprendere, ma solo di avere ragione. “Riportare sulla rete quei canoni di serenità, autorevolezza, vivacità, impegno, buona volontà, dibattito, critica che sono da sempre trade mark della libertà, dell’onestà, della ragione. Senza perderne la ricchezza, la spontaneità, l’uguaglianza.” dice sempre Lanier. Ricordo che una decina d’anni fa, quando moderavo un forum di giovani facinorosi, se la situazione degenerava mi piaceva linkare la Netiquette, che nessuno sembrava conoscere. Da qualche anno esiste pure un piccolo elenco di 11 punti destinati principalmente ai blog – la Blogtiquette. Possibile che oggi, nel 2010, certe cose siano ancora così sconosciute e deprecate? alla fine stiamo solo parlando di etica e buoni comportamenti