Devo ammettere che gli ultimi studi sui fattori di posizionamento, pubblicati da Searchmetrics e Moz all’inizio dell’estate 2013, sono stati più di confusione che di aiuto. Nonostante fosse ben chiaro che i dati delle 2 ricerche si basavano sulla correlazione di Spearman – è presente un alto coefficiente di correlazione positivo per un determinato fattore se le pagine ben posizionate su Google includono quella caratteristica (o più di una caratteristica), mentre le pagine posizionate peggio non hanno quella caratteristica (o ne hanno meno) – e NON su cause dirette e dimostrabili, in molti hanno superficialmente guardato solo i grafici inclusi negli studi, traendone le conseguenze sbagliate. Detto in altre parole: dalle ricerche emerge che una pagina ben posizionata su Google riceve solitamente molti “apprezzamenti sociali” (like, retweet, +1), ma NON è dimostrato che sono questi apprezzamenti a posizionarla bene (come invece han capito in parecchi). L’esperimento di Eric Enge La scorsa settimana Eric Enge di Stone Temple Consulting ha reso noti i risultati di un suo test personale, che aveva l’obiettivo di misurare l’impatto che le condivisioni su Google+ hanno su indicizzazione e posizionamento dei contenuti. Ebbene, in estrema sintesi è emerso che le condivisioni su Google+ NON hanno portato a modifiche di ranking misurabili (sui risultati non personalizzati). Detto più semplicemente: inserire le nuove pagine in un ambiente quanto più “sterile” possibile, senza dare a queste alcun link esterno, e poi condividerle solo su Google+ (condivisione effettuata sia da utenti con basso trust, sia da utenti “autorevoli”), NON ha portato ad un buon posizionamento delle stesse sul motore di ricerca. Quello che si è ottenuto è semmai una veloce discovery della pagina (circa 6 minuti dopo la condivisione su Google+), mentre per l’indicizzazione l’attesa è stata di ben 10 giorni. E non sono emerse prove che indichino che l’aumento di condivisioni su Google+ possa migliorare il posizionamento del contenuto. Nel video qui sotto Eric Enge lo spiega in dettaglio,

anche se in un lungo hangout di qualche giorno fa diversi illustri partecipanti han criticato la metodologia del test, sollevando alcuni dubbi:
Le (recenti) dichiarazioni di Matt Cutts Un mesetto fa, l’onnipresente Cutts è intervenuto più volte su Hacker News, proprio per chiarire i dubbi emersi dopo la pubblicazione dello studio di Moz: “Sto cercando di decidere il modo migliore per sfatare il mito che più click sul +1 possano migliorare il posizionamento su Google. Iniziamo col dire che correlazione != causalità: http://xkcd.com/552/”“Se crei contenuti coinvolgenti ed interessanti, linkati dalle persone, condivisi su Facebook, che ricevono +1, questo non significa che Google utilizzi questi segnali ai fini del posizionamento. Invece che puntare ad ottenere +1, è molto meglio se investi il tuo tempo a produrre ottimi contenuti”. … “Basti dire che sarei molto scettico nei confronti di chiunque sostenga che un maggior numero di +1 porti ad un posizionamento migliore nei risultati di Google”. Le (vecchie) dichiarazioni di Google La verità è che è stata proprio Google ad aver causato una gran confusione, con affermazioni sempre piuttosto opache nel corso del tempo. A Dicembre 2010, quando ancora Google+ non esisteva, Matt Cutts dichiarò “sì, posso confermare: utilizziamo i link di Twitter e Facebook nel ranking” e anche “utilizziamo ora questi fattori mostrando lo streaming nella Real-Time Search, ma stiamo lavorando per cercare di farne un uso più ampio anche nella web search”. Nell’estate del 2011 fu la volta di un paio di pezzi, pubblicati su Wired e su Forbes, nei quali dei non meglio identificati portavoce di Google dichiararono che “Google studierà i click sul bottone +1 come un segnale che influenza il ranking e il modo in cui siti compaiono nei risultati delle ricerche. Lo scopo di tutti i fattori di posizionamento è quello di migliorare la qualità complessiva delle ricerche. Per il +1 e gli altri fattori sociali di ranking, inizieremo con attenzione per apprendere come questi segnali sono legati alla qualità” (Wired), e addirittura “metti il bottone +1 nelle pagine del tuo sito, o il traffico dal motore di ricerca ne subirà delle conseguenze” (Forbes). Anche Eric Schmidt intervenne a Dicembre del 2011 per ribadire che “i segnali sociali, le persone che “frequenti”, sono un fattore di ranking”, e a Febbraio di quest’anno disse che “all’interno dei risultati, le informazioni legate a profili verificati avranno un posizionamento migliore rispetto ai contenuti che non hanno passato questa verifica, cosa che si tradurrà in un maggior numero di click sui risultati verificati posizionati più in alto” (e qui il discorso si allarga anche all’influenza che avranno authorship e author rank nel prossimo futuro). Concludendo C’è ben poco da aggiungere: se ti fidi di quanto afferma Google, meglio iniziare subito ad inserire il bottoncino di Google+ (magari assieme all’authorship markup) all’interno delle tue pagine. Forse oggi servirà solo a portarti un po’ di traffico – non credo comunque faccia schifo a nessuno ricevere più visite e nuovi lettori, che magari apprezzeranno i tuoi contenuti e a loro volta li condivideranno su altri social. Forse oggi non servirà a posizionarti meglio sul motore nei risultati neutri, “non personalizzati” – su quelli personalizzati (=quelli che vedi quando sei loggato) credo invece che il +1 abbia già influenza, visto che sono ormai diversi anni che Google sta facendo esperimenti in quel campo (prima con Personalized Search, poi con Search plus Your World). Meglio comunque essere pronti per tempo, quando del +1 non se ne potrà più fare a meno…