Tecniche di seeding

I Social Media iniziano ad imporsi all’attenzione del pubblico, diventando sempre più mediatori fra contenuti e persone, ruolo fino ad oggi quasi esclusivamente ricoperto dai motori di ricerca. Facebook è solo la punta dell’iceberg: ogni giorno milioni di persone navigano il web attraverso la mediazione dei social media. Anche se non ancora comparabili nel complesso ai numeri dei motori di ricerca, le dimensioni del fenomeno social sono tali da iniziare a richiedere la necessità di servizi che consentano alle aziende di sfruttare le potenzialità competitive del presidiare efficacemente i social network. Esattamente come l’importanza dei motori di ricerca ha trainato il boom del settore SEO/SEM, anche in questo caso si inizia a guardare alla necessità di servizi di Social Media Optimization e Social Media Marketing (SMO/SMM). Una delle operazioni che ritengo basilari nell’ambito SMO/SMM è quella del seeding dei contenuti, e di questo voglio discutere oggi con voi. Fare seeding dei contenuti, come dice la parola stessa, significa seminare una conversazione. La conversazione è quindi come una pianta: non possiamo controllarne perfettamente lo sviluppo, ma sappiamo che per farla crescere rigogliosa dobbiamo scegliere bene il terreno, la stagione, e nutrirla a dovere. In questo quadro possiamo distinguere due paradigmi strategici di seeding. Il primo paradigma: Il Community Seeding Al primo paradigma di seeding appartengono quelle strategie che partono dalla community bersaglio del seeding. Questi approcci community-oriented hanno come punto di partenza l’attacco ad un target definito. La community target è come il terreno per la pianta, questo significa che è come se voi individuaste un terreno su cui intendete seminare e in base alle sue caratteristiche scegliate che cosa piantare. L’operazione di seeding in questo paradigma passa per le fasi di:

  1. Individuazione del target
  2. Monitoraggio delle conversazioni
  3. Seeding di contenuti in linea con le conversazioni generate dal/nel target

E’ chiaro quindi che partire dal target significa promuovere solo alcuni dei propri contenuti (selezionati), oppure in alcuni casi costruirne appositamente. Infatti l’obiettivo è quello di aggredire una nicchia ben sviluppata e consolidata, un terreno che si ritiene fertile per i propri contenuti. Dato che il risultato di questo seeding è quello di catturare traffico in nicchie consolidate, il contenuto in sé tende ad essere più mezzo che fine, rispetto al seeding. L’obiettivo è quello di promuovere il proprio blog/profilo/servizio non il singolo contenuto. Un esempio di Community Seeding è quello per cui io vado a postare questa conversazione su NinjaMarketing o Robin Good. Entrambi hanno due community omogenee interessate all’argomento SMM. Anche il cross posting, come questo che state leggendo, è un veicolo del community seeding: un contenuto appositamente prodotto per un blog autorevole come quello di Tagliaerbe è una “semina” per WebGarden. Il Seeding serve a deviare flussi di traffico e fare conoscere nuove realtà, ma non sottrae valore alle vecchie! Un lettore che compra il Corriere tenderà a non comprare Repubblica, se i contenuti sono a pagamento, due fonti che offrono un servizio simile sono chiamate competitor. Online non è così: un lettore può benissimo leggere siti simili, e quindi il seeding è un arricchimento per tutti, perché le due fonti sono spesso partner o quantomeno buoni vicini (chiaramente questo ragionamento ha dei limiti perché il lettore non è soggetto al vincolo economico ma lo è a quello di tempo). Il secondo paradigma: Il Conversation Seeding Al secondo paradigma, come è facile intuire, ascriviamo tutte quelle strategie che partono invece dal singolo contenuto. Questi approcci contenuto-centrici, intendono promuovere al meglio il singolo contenuto scegliendo i target bersaglio del seeding in funzione delle caratteristiche della conversazione. La conversazione è sempre la nostra pianta della metafora, ma adesso quello che noi abbiamo in partenza non è un terreno, ma un semino ben specifico. Sapendo di che seme si tratta dovrà essere nostra cura andare a cercare i terreni più adatti. Ecco quindi che l’operazione di seeding si svilupperà per:

  1. Creazione del contenuto
  2. Ricerca di contenuti simili
  3. Seeding del contenuto in conversazioni affini

La prima cosa che notiamo è che a differenza del paradigma precedente, il seeding è qui pensato sulla singola conversazione, più che sul sito che la ospita. Questo vuol dire che è possibile e proficuo fare seeding del contenuto su conversazioni simili (selezionate per importanza/viralità o meno) anche se queste non si sono sviluppate in siti/community monotematicamente dedicate all’argomento per cui facciamo seeding. Un esempio di conversational seeding sarebbe quello per cui io commento un post sul seeding scritto su WebGarden. Farei così Conversational Seeding perché WebGarden non si occupa monotematicamente di web marketing o promozione dei contenuti, ma solo in via occasionale, questo vuol dire che non ha una community omogenea di lettori. Il Conversational Seeding non è spam: crea valore. Segnalare contenuti simili a quelli proposti in una conversazione esistente, genera valore perché arricchisce la conversazione, anche solo con un link. Questo è il motivo per cui ad esempio accolgo con favore i contributi ai miei post che propongono siti/servizi in linea con gli argomenti di cui ho scritto (un esempio qui e qui guardando ai commenti). Autore: Simone “Mushin” Tornabene (per il TagliaBlog).