Negli anni ’90 il sogno di molti internauti (un po’ invasati…) era quello di essere always on: nell’epoca delle connessioni dial-up (quelle col modem analogico e fischiante, giusto per capirsi) solo in pochi potevano permettersi di stare online per parecchie ore al giorno, un po’ per via delle proibitive tariffe telefoniche (se andavi di chiamata interurbana eri letteralmente rovinato), un po’ perché se eri online col modem il tuo numero di telefono risultava perennemente occupato (e non essendoci ancora una gran diffusione dei cellulari risultavi tagliato fuori dal mondo 🙂 ). Col nuovo millennio arrivarono le tariffe flat: si usavano sempre il modem e la cara vecchia linea analogica (per i più fortunati, l’ISDN), ma dietro il pagamento di un canone fisso stavi connesso quanto volevi (o almeno questa era la promessa di alcuni Internet Service Provider). E qui iniziarono le “storture”. Per alcuni il concetto di flat era quello di “dimostrare agli altri di essere sempre online”. Non era quello di connettersi col fine di lavorare (o giocare), ma solo di restare connesso, sempre, per mostrare ad amici e conoscenti la propria presenza su ICQ o su IRC. Faceva fico avere lo status in perenne “away” o, come alcuni ricorderanno, la scritta “zzz” su IRC (scritta che significa che si stava dormendo, mentre il proprio modem era invece fieramente collegato ad Internet). Arrivò poi l’ADSL, le connessioni mobili (GPRS, 2G, 3G e chi più ne ha, più ne metta), e molti di noi divennero definitivamente succubi della IAD (che nulla a che vedere con l’advertising di Apple 🙂 ): connessi sempre, ovunque e comunque. Intendo dire che all’alba del 2010 l’always on non è più un miraggio, visto che il 96% delle linee Telecom Italia risultano coperte da ADSL, e più dell’80% della popolazione è raggiunta dalla banda larga via mobile. Ma questo “progresso”, cosa ci ha portato dal punto di vista della qualità dei contenuti? Analizziamo per un attimo il fenomeno dei social media. Abbiamo davanti un quadro dove orde di utenti aggiornano forsennatamente il proprio stato di Facebook, scrivono messaggini su Twitter, forniscono la propria posizione geografica via Foursquare o Gowalla). Ma ben poco altro. Attenzione, non sto condannando né le reti sociali né questo utilizzo della Rete, anche io – mio malgrado – sono presente da tempo sulle sovracitate e usatissime piattaforme (nel footer del TagliaBlog trovi le più note… per tutte le altre basta cercarmi col nickname “tagliaerbe” 🙂 ). Condanno semmai la fuga dal contenuto “corposo” per rifugiarsi esclusivamente sul micro-contenuto futile. Mi rammarico per coloro che avevano un blog e ora lo hanno chiuso per passare in toto ai media sociali. E mi infastidisce sentir dire cose tipo “eh, tanto ormai non avevo più il tempo per scrivere un articolo”, mentre la stessa persona che lo dice inonda i vari social di status e cinguettii. Spesso inutili. Sarà un mio limite, ma io non riesco davvero a seguire il filo del discorso dentro Facebook, Twitter & Co.. Mi sembrano a volte degli enormi contenitori di gossip, dove tutti possono farsi gli affari degli altri proprio perché ognuno ama postare le proprie futilità. E quando quel qualcuno posta qualcosa di utile, se per caso mi vedo scorrere davanti questa perla e voglio tornare a leggerla più tardi, non riesco più a trovarla, sommerso dalla massa di simil-SMS e senza la praticità dell’indicizzazione di un motore di ricerca o della catalogazione di un feed reader. Io ho sempre voluto e sognato l’always on, e per ottenerlo mi sono addirittura tirato in casa una linea dedicata, nel lontano 1995. Ma – davvero – non immaginavo che sarebbe finita così.