mobile first

Sono curioso di sapere quanto tempo ancora passerà, prima che tutti decidano di copiare Jason Abbruzzese.

Nel Marzo del 2014 usciva infatti questo articolo su Mashable, targato dallo stesso Abbruzzese, in cui il giornalista esprimeva la sua necessità di cambiare punto di vista, fino ad arrivare a ruotare il monitor in senso verticale.

Monitor verticale

Il motivo che lo spinse a compiere questo switch tecnologico, fu il bisogno di avere di fronte un sito che somigliasse di più a un vero newspaper.

Inconsapevolmente si trovava già sulla mia stessa lunghezza d’onda, anche se per motivi diversi.

Già dal 2013 iniziai a fare dei test sull’ottimizzazione dei siti da mobile, perché da utilizzatore mi scocciava vedere che ci fossero molti siti che non disponevano della versione mobile o responsive. Ho immaginato, che per chi visitasse i miei siti, fosse allo stesso modo seccante dover zoommare in continuazione parti del sito per poter accedere ai contenuti.

Il mio primo approccio fu semplicemente quello di realizzare delle strutture semplici, addirittura in HTML, che rispettassero una alberatura meno complessa rispetto alla versione desktop, e che fossero allo stesso tempo utili e intuitivi.

Allora, più di oggi, mi occupavo di Lead Generation, e per un utente che effettuava una ricerca del tipo “antennista a roma” non c’era di peggio che capitare in una pagina che contenesse spiegoni immensi, piuttosto che il numero di telefono o un form da compilare.

L’aver intuito che, da smartphone, le informazioni chiave da dare all’utente dovevano essere ben visibili above the fold, fu una chiave fondamentale per aumentare il conversion rate e, di conseguenza, il posizionamento nei motori di ricerca.

È ovvio che io non sono stato né il primo, né tanto meno l’unico, ad accorgermi di quanto fosse potente il saper gestire layout diversi in base al dispositivo. Infatti, cercando qua e là, scoprii il sito di Nielsen Norman Group, che dispensava già centinaia di suggerimenti e report basati sulla UX da mobile (come in questo articolo del 2009).

Da allora iniziai ad approfondire, studiare e conoscere un ambito di cui avevo spesso sentito parlare, ma a cui non avevo mai dato peso, ossia quello della User Experience.

Arrivando ai giorni nostri, la UX è diventata un hot topic di cui tutti parlano e che tutti utilizzano, anche per fare SEO. A lanciare l’allarme è stato proprio Google, in un annuncio in cui, dopo vari preavvisi, ha dichiarato guerra a chi non si fosse adeguato al Mobile First. Nell’Ottobre del 2016, lo stesso TagliaBlog usciva con un articolo a riguardo. Ma da quel giorno a quando Google ha deciso di applicare la regola, sono passati quasi 2 anni.

Infatti, il Mobile First Index ha preso a funzionare proprio nel mese di Luglio di quest’anno, iniziando a mietere vittime a destra e a manca. Quello che molti non riescono a percepire, essendo addetti ai lavori, è che la maggior parte delle persone titolari di siti internet ha solo potuto appurare questo update, alla luce di cali di traffico, visibilità globale e riduzione dei fatturati.

Ancora oggi, nel mese di Dicembre 2018, in molti non si spiegano il perché i loro siti siano stati colpiti dal susseguirsi di update, quasi illogici, di Google. A partire dal 1° Agosto, per arrivare al 27 Settembre, c’è chi ancora si chiede cosa abbia comportato tutta una serie di scossoni e cambiamenti, all’interno dell’indice del motore di ricerca.

Sempre il TagliaBlog è uscito con un articolo a fine Agosto, cercando di dare spiegazioni e fare il punto sulla base dei dati, e fornendo report e ipotesi più attendibili rispetto ad altre fonti di informazione che hanno sfruttato la scia delle penalizzazioni solo per fare traffico.

Fatta questa doverosa premessa, veniamo al sodo.

Partendo dall’Audit è bene ragionare in termini di ottimizzazione da mobile, e per aver un quadro chiaro della situazione non è necessario strumento alcuno, se non la console di Chrome. In ambiente Windows, semplicemente usando Chrome, è sufficiente premere F12 per aprire il pannello developer ed entrare in un mondo, spesso inesplorato, ma che serve a capire delle dinamiche, che attraverso un SEO Tool, non sono in alcun modo percepibili.

Se ad esempio ti stai chiedendo il perché Wikipedia, eBay, YouTube, Amazon, rankano meglio di te, potresti semplicemente glissare sul fatto che sono più anziani, più autorevoli, hanno più soldi, hanno dei contenuti incredibili, e via dicendo.

Mentre invece dovresti porti molte altre domande.

Dalla Console di Chrome potresti ad esempio accorgerti che eBay passa per Cloudflare, o che Wikipedia usa l’Header Response 304, o che YouTube non usa la cache, ma anche che Amazon mostra in homepage uno slider da Desktop e non da Mobile.

Queste che potrebbero sembrare banalità, diventano elementi di confronto tra te e un sito che è riuscito ad ottenere risultati enormi.

Ci sono riusciti perché sono stati costanti, non solo perché sono stati i primi o gli unici a fare determinate scelte. Le soluzioni tecnologiche sono ormai a disposizione di tutti a costo zero, ma capisco che è più comodo tentare di rankare con un sito privo di contenuti, tenuto in un condiviso di Aruba a 10 euro l’anno, con WordPress pre-installato e con un tema free preso dalla libreria di WP.

Cosa realmente ti blocca dal mettere il tuo sito in un server proprietario, i cui costi, se parliamo di unmanaged, partono da 1,50 euro al mese e managed da 7 euro?

Cosa ti impedisce di utilizzare un builder efficace (non efficiente), anziché un altro che ti crea 52 file js nella stessa pagina, solo per cambiare colore a un pulsante?

Qual è il tuo problema nello scegliere un marketplace, nel quale all’interno troverai articolisti non da meno rispetto a quelli che ad oggi, vuoi i costi elevati di un professionista che si fa chiamare invece copywriter, non puoi permetterti e di conseguenza scegli di non produrre affatto contenuti?

Cosa ti vieta di rendere le foto dei tuoi prodotti più originali, rispetto a scaricarle dal sito ufficiale del produttore, usando uno dei mille mila programmi gratuiti che si trovano in rete, a patto che ti sembri troppo dare 19 euro mese (per il tempo che ti serve), a PhotoShop?

Vogliamo parlare adesso delle immagini che mettete negli articoli? Abbiamo tutti ormai dispositivi che realizzano foto di una qualità imbarazzante, nemmeno percepibile dalla maggior parte dei nostri occhi, eppure non fate nemmeno lo sforzo di alzare il culo dalla sedia per andare a fotografare un gatto randagio?

Forse sto divagando, ma queste domande erano necessarie per farvi capire che il problema non sono i soldi, il tempo, il posto in cui vivi o l’età, ma il mindset.

Per avere il giusto approccio, occorrono anni di esperienza, test, fallimenti e successi, ore e ore di apprendimento mai applicato, giorni ad assistere passivamente a seminari che vengono spacciati per corsi.

Tutti questi scenari ti serviranno per arrivare sempre allo stesso punto, che oggi, prendendo consapevolezza di ciò che stai facendo, potresti evitare e partire davvero dalle cose che contano.

Cosa scoprirai?

  1. Che WordPress va bene quasi per tutto;
  2. Che se vuoi fare e-commerce devi usare Prestashop o Magento;
  3. Che devi fare link building;
  4. Che devi servirti di un marketplace per i contenuti;
  5. Che Yoast va bene per 2 cose;
  6. Che se usi un buon builder i temi non ti servono più;
  7. Che quando analizzi o realizzi un sito devi guardarlo solo da mobile, con la funzione di Chrome F12 + visualizza da dispositivo mobile;
  8. Che devi avere una pagina e non un profilo per Facebook;
  9. Che devi fare Facebook Ads e Google Ads;
  10. Che devi tracciare i tuoi utenti (GDPR permettendo);
  11. Che devi sapere quanto ti costa una conversione (subito, non quando e solo se avrai almeno 1.000 visite al giorno sul tuo sito);
  12. Che devi rispondere a intenti di ricerca precisi e non creare spiegoni infiniti che parlano di tutto e niente, quindi il tuo contenuto non deve avere 300 o 3.000 parole, ma quelle necessarie;
  13. Che devi selezionare le fonti di informazione e non dare retta a tutti (non puoi permetterti di perdere tempo a fare il recensore di chi ne sa di più);
  14. Che ci metti meno a fare un test che ad attendere una risposta di uno che ne sa meno di te dentro un gruppo di Facebook;
  15. Che avere un server proprietario costa come avere un condiviso;
  16. Che per lavorare devi partire dalla giusta postura, e che ci vuole un assetto operativo e non rilassato;
  17. Che il fatto che puoi lavorare da qualunque parte è una cazzata (provaci in aeroporto o da Starbucks). Hai bisogno di concentrazione;
  18. Che le ore dell’orologio sono 24 e 8 ne devi dormire, 3 le impieghi per mangiare, andare in bagno (anche per lavarti), 4 per svagarti o per stare con la famiglia, 2 devi studiare, 2 per fare attività fisica, 8 per lavorare. OPS, siamo già a 27 🙂 .

Insomma, ti basterebbe immaginarti da qui a 5 anni, solo per capire che quello che stai facendo adesso è già obsoleto, quindi è bene che inizi da subito a fare una bella selezione su cosa fare, quando farlo, con chi, a quale scopo.

Se stai facendo qualcosa e rispetti tutte le belle regole che trovi online, o nelle linee guida di Google, ma non ottieni risultati, significa che stai impiegando male il tuo tempo.

Mettiti in discussione, trova il tuo metodo, ottieni risultati, ripeti il metodo.

Quello che spesso viene da dirsi è il famoso “DIPENDE”. Ma scoprirai nel tempo, che questo termine spesso fuorviante, non può appartenere al tuo vocabolario. Il web è fatto di regole, di metodi che funzionano, ma che possono essere applicabili e scalabili su un’infinità di settori diversi. Quindi non esiste il “quello che funziona per me non funziona per te”. Per me esiste il Funziona o Non funziona.

Faccio un esempio banale: se tu stai tentando di spingere degli immobili online, quindi hai un’agenzia immobiliare o sei un agente, ti accorgerai che usando casa.it, subito.it, immobiliare.it, sarai subissato di richieste, ma quelli che ti faranno arrivare a fine mese saranno contatti che arrivano dal passa-parola.

Quindi a che serve fare un marketing dei numeri, quando ottengo i risultati in modo diverso?

Con questa domanda ti lascio a riflettere e a preparare gli insulti, ma sii intelligente e ricordati che se dico certe cose è perché ne so qualcosa, non perché le ho lette su Google.

E adesso ruota lo schermo, usa Chrome, usa un display simulator, fai come ti pare, ma inizia a pensare mobile su ogni cosa che fai, e ricordati: È GIÀ TROPPO TARDI!

Autore: Emanuele Tolomei, imprenditore ed esperto in strategie di digital marketing, per il Max Valle.