Da 3 anni a questa parte siamo entrati nell’era del Panda, ovvero quella della guerra dichiarata da Google nei confronti dei thin content. Ciò ha portato molti SEO e webmaster a concludere che, almeno in linea generale, i contenuti “corti” sono nel mirino delle penalizzazioni di Google, mentre i contenuti “lunghi” sono premiati e si posizionano meglio nel motore di ricerca. Anche nelle ormai famose 23 domande del Panda, Amit Singhal sembra far trapelare che i contenuti di una certa lunghezza sono maggiormente graditi a Google: per esempio, la domanda 13 recita: “L’articolo è stato scritto bene, o sembra poco curato o prodotto in fretta?” Simile anche la 16: “L’articolo tratta il tema in modo completo o dettagliato?” Mentre la 21 si chiede: “Gli articoli sono brevi, inconsistenti o comunque privi di particolari utili?” Neil Patel ha pubblicato pochi giorni fa un pezzo dal titolo How Long Should Each Blog Post Be? A Data Driven Answer, che cerca proprio di approfondire il tema della “lunghezza perfetta” di un post, iniziando con lo sfatare 3 miti:

Mito #1: deve essere corto

La prima scuola di pensiero è convinta che un post debba essere il più breve possibile. Una cosa attorno ai 200 caratteri, o rischierà di non essere letto del tutto. Prendiamo ad esempio i post che pubblica Seth Godin – uno dei più grandi marketer viventi – sul suo blog: ce ne sono alcuni più corti di 70 parole, una frazione della lunghezza dell’articolo che stai leggendo in questo momento. Per Seth Godin, un post deve essere breve. E’ il suo stile, il suo approccio, il suo modo di comunicare, e al suo pubblico piace così. Non tutti, però, sono come lui: la brevità non sempre funziona. Può andare bene per alcuni contenuti, in alcune situazioni, ma non è sempre la miglior soluzione.

Mito #2: deve essere lungo

La seconda scuola di pensiero dice che un post deve essere per forza lungo. In molti pensano che i post di maggior successo, che convertono meglio, siano costituiti da migliaia di parole… e in effetti non hanno tutti i torti: Neil Patel, studiando le statistiche dei suoi articoli per capire quali caratteristiche accomunavano quelli finiti fra gli in-depth article, scoprì che quelli più lunghi hanno ricevuto in media più link e apprezzamenti sociali rispetto a quelli più brevi. Anche in questo caso, va però considerato che la lunghezza non è la soluzione unica per tutte le tipologie di messaggio o di contenuto.

Mito #3: le persone non leggono i contenuti sul web

Questo terzo mito gira ormai dal lontano 1997, quando Jakob Nielsen pubblicò un articolo dal titolo How Users Read on the Web. In quel pezzo, espose i dati di una ricerca secondo la quale solo il 16% degli utenti legge una pagina web parola per parola, mentre il 79% ne “scansiona” esclusivamente le parti più rilevanti. Ma ciò non significa che le persone non leggono. Significa che tendono a soffermarsi sui titoli (ecco perché devi imparare a scriverne di ottimi), sulle liste puntate o numerate, sulle parole evidenziate, sulle immagini. La formattazione del contenuto è estremamente importante, e va curata nei minimi dettagli.

Non è solo questione di lunghezza

Ci sono almeno altri 7 punti da considerare, oltre alla pura lunghezza del contenuto scritto.

  • Sostanza – Domandati: “Quante parole servono per esprimere bene il concetto che ho in mente?” Se ne bastano 100, usane 100. Se ce ne vogliono 2.000, usane 2.000.
  • Stile – Ci sono stili di scrittura brevi, concisi, che vanno subito al punto. Altri più colloquiali e interattivi, e quindi più prolissi. Lo stile influenza inevitabilmente la lunghezza del contenuto.
  • Frequenza – Ci sono blogger che scrivono solo una volta alla settimana, e quindi i loro post sono solitamente molto lunghi. Altri preferiscono postare tutti i giorni, o anche più volte al giorno: in questo caso i contenuti sono normalmente più stringati. Dipende quindi anche molto dal tempo e dalle risorse a disposizione.
  • Formattazione – Il modo in cui un articolo viene formattato impatta enormemente sulla sua leggibilità. Come accennato sopra, è bene dividere il pezzo in più blocchi, usare bene i paragrafi, gli elenchi e le immagini, per favorire la scansione oculare e quindi la leggibilità.
  • Finalità – L’obiettivo di un contenuto è solitamente quello di portare conversioni, ma all’interno di questo “macro-obiettivo” ce ne possono essere altri. Ad esempio, aumentare la brand awareness, creare engagement sui social, portare nuovi iscritti alla mailing list, fare formazione o migliorare la SEO. Ogni obiettivo richiede contenuti di lunghezza differente.
  • Pubblico – Ogni pubblico è diverso. Devi conoscere bisogni, interessi, passioni e problemi della tua audience, e creare il contenuto della lunghezza giusta per loro.
  • Strumento – Contenuto non significa solo parole scritte. Puoi usare infografiche, o video, che non richiedono di essere “accompagnate” da testi eccessivamente lunghi.

Ma lungo è solitamente meglio

Secondo uno studio pubblicato da serpIQ un paio di anni fa, i contenuti di lunghezza maggiore si posizionano meglio sui motori:

Lunghezza media dei contenuti nei primi 10 risultati

dalla ricerca sembra emergere che la “top 10” è occupata in media da pagine con più di 2.000 parole, che salgono a oltre 2.400 per le prime 3 posizioni [attenzione: il conteggio delle parole comprende TUTTO il testo della pagina, incluso quindi quello ridondante (sidebar, footer, etc.)].

Più lunghezza = più parole chiave, più backlink e più condivisioni

Un altro punto da considerare, è che un testo lungo ti permette di utilizzare un grande varietà di parole per sviscerare meglio il concetto. Se scrivi un post di 200 parole attorno ad una determinata keyword, potrai utilizzarne al massimo un paio di varianti nel contenuto. Ma se il post è di 2.000 potrai inserirne a decine, con effetti benefici dal punto di vista del posizionamento sulla long tail. Lato link, uno studio pubblicato sul Moz Blog a Ottobre del 2012 mostra una forte correlazione fra il numero di parole

Numero di parole

e i link ottenuti dal contenuto:

Link ottenuti in base alle lunghezza del contenuto

le cosiddette long reads sembrano attrarre molti più link rispetto ai contenuti brevi. Infine, i contenuti lunghi sembrano essere vincenti anche dal punto di vista delle condivisioni sui principali social network:

Condivisioni sui social ottenute in base alle lunghezza del contenuto

lo stesso Patel garantisce che i suoi post più lunghi di 1.500 parole ottengono il 68% in più di retweet su Twitter e il 22% in più di like su Facebook rispetto a quelli più brevi.

Concludendo

Per quanto non sia dimostrabile l’esistenza di una “formula magica” buona per tutte le occasioni, i contenuti più lunghi sembrano essere vincenti sotto quasi tutti i profili (dal posizionamento sui motori alle condivisioni sui social), con la conseguenza che portano inevitabilmente più traffico al sito web che li ospita. Anche se sconsiglio di “allungare il brodo” se non c’è un valido motivo, da parecchi mesi ho scelto di pubblicare su questo blog meno post, ma più lunghi e approfonditi: e la cosa sembra funzionare bene 🙂 Tu che strategia usi? Quanto sono lunghi i tuoi contenuti? Hai notato benefici nel pubblicare post più lunghi? UPDATE: il 10 Maggio 2014, John Mueller è intervenuto sul tema della lunghezza dei contenuti sul Google Webmaster Central Forum, rilasciando questa interessante dichiarazione: “Non c’è lunghezza minima, e non c’è un numero minimo di articoli al giorno che si deve pubblicare, né un numero minimo di pagine di un sito web. Nella maggior parte dei casi, la qualità è meglio della quantità. I nostri algoritmi cercano di trovare e consigliare siti web che forniscono contenuti di alta qualità, unici e avvincenti per gli utenti. Non riempire il tuo sito con contenuti di bassa qualità, piuttosto lavora sul fare in modo che il tuo sito sia il migliore in assoluto nel suo genere. Se scrivi un contenuto di bassa qualità (breve o lungo che sia), allora sì , i nostri algoritmi e anche il nostro “webspam team” potrebbero scegliere di “non fidarsi” del tuo sito web”.