Risale a Dicembre 2010 l’ammissione di Google – per bocca di Matt Cutts – di utilizzare i segnali dei social ai fini del ranking. E recenti studi paiono confermare la cosa: contenuti che ricevono apprezzamenti sociali su Facebook, Twitter e Google+ risultano spesso ben posizionati sui motori di ricerca. Questo però NON significa che il potere dei link sia morto, anzi. Cutts, nello spezzone del keynote riportato qui sopra, afferma esattamente il contrario: “Un sacco di gente pensa “I link stanno morendo” o “I link non sono democratici” o “E’ impossibile ottenere link che non siano nofollow”. A mio avviso questa è un po’ una bolla del settore SEO, perché se si guarda alla percentuale effettiva dei link nofollow sul web, si tratta di un piccolo numero, a una singola cifra. C’è dunque la percezione che “Tutto andrà nei social” o che “I link sono assolutamente obsoleti”, ma penso sia prematuro giungere a questa conclusione. Non dubito che entro 10 anni le cose saranno molto più social, e che quelli saranno i segnali più potenti, ma oggi non mi sento ancora di scrivere l’epitaffio dei link.” Come sempre le parole di Cutts vanno interpretate, ma penso che i concetti fondamentali che possiamo estrarre dall’intervista siano 2: • Il nofollow è usato quasi esclusivamente da chi fa SEO, non dagli utenti comuni. Pertanto, se un sito include link con nofollow, Google sa di essere in presenza di qualcuno che sta cercando di posizionare meglio quel sito web, o che comunque gravita nell’area SEO. • Il valore delle azioni eseguite sui social sostituirà gradatamente i link. Ma ciò non avverrà in tempi brevi: Google dovrà prima trovare il modo di estrarre dai social la stessa mole di dati che riesce a tirar fuori dai link, e ad oggi è impossibile. Infatti può controllare appieno solo quanto gira intorno al bottoncino +1, mentre il grafo di like, retweet e di tutti gli altri apprezzamenti sociali è opaco agli occhi del motore di ricerca. Che dovrà dunque “accontentarsi” dai cari e vecchi link per ancora parecchio tempo.