La SEO è a un bivio. Ogni cosa, nella search di oggi, è in continua evoluzione: Google sta lanciando nuovi algoritmi, strumenti e prodotti; Bing sta lavorando con Facebook in modi sempre più interessanti; i tool SEO sono costretti a cambiare il loro approccio; e le tecniche utilizzate dai SEO specialist devono essere continuamente riviste per testarne la validità. Eppure, c’è un paradosso all’interno di questo febbrile cambiamento: la classica, noiosa, “vecchia SEO” è ancora quella che funziona meglio. Segni di Evoluzione Ci sono, senza alcun dubbio, alcuni sorprendenti sviluppi nella search. In primo luogo, l’incessante ricerca di innovazione di Google (nel tentativo, assai difficile, di generare sempre maggior profitto e contestualmente soddisfare gli utenti): la search che vediamo oggi potrà sembrare, superficialmente, simile a quella del 2010, ma è un qualcosa di totalmente diverso. Gli “annunci con scheda di prodotto” di Google pesano quasi per il 30% nelle ricerche (non brandizzate) riguardanti gli ecommerce, Panda e Penguin hanno colpito duramente molti SEO, e si iniziano ad intravedere scorci del futuro di authorship, Google+ e Knowledge Graph. Quest’ultimo, in particolare, porterà sicuramente ad un modo molto diverso con cui Google assegnerà un punteggio alle proprie pagine. Gli aspetti delle “entità di ranking” Persone, luoghi ed oggetti sono considerate dunque “entità” che influenzeranno i risultati di Google, e verranno utilizzate come informazioni per costruire le SERP. Per esempio, da Google sappiamo che Blake Mycoskie è il fondatore di TOMS Shoes, ha una sussidiaria non profit, è sposato, è cristiano, etc. Influenzare i risultati di una ricerca su Blake Mycoskie sarà molto più difficile se Google “comprende” una serie di cose su di lui, perché invece di cercare di modificare i risultati a suon di link, i SEO del futuro dovranno “cambiare la realtà” delle cose per riuscire a cambiare la SERP. Ciò impatterà in modo enorme per chi lavora nel campo della reputazione online, per esempio nell’ambito delle celebrità. Social Search Bing continua ad essere il leader dell’integrazione fra search e social, estraendo dati dai maggiori social network per presentarli in maniera “separata ma integrata”. Perché questa cosa non desta interesse? Principalmente, perché è difficile cambiare le abitudini consolidate. C’è anche un secondo problema: nessuno oggi sa se l’integrazione fra search e social abbia un valore. C’è un sacco di interesse per l’aspetto teorico, ma l’applicazione pratica della cosa è ancora in divenire. Non si capisce se importi agli utenti, sembra importare solo ai marketer. E se la quota di mercato di Bing è aumentata, si parla pur sempre di circa un 16%. Google ha un approccio molto diverso circa l’integrazione fra search e social. Invece di puntare a partnership con Facebook o altri social, ha creato e integrato un “social layer” proprietario, Google+. Facebook, invece, sta puntando sulla Graph Search, ma nessuno oggi è ancora in grado di dire cosa diventerà. I primi segnali portano a pensare che sarà qualcosa di dirompente, ma magari rimarrà un tool utile solo per trovare ragazze single a cui piace bere e che cercano la compagnia di uomini (OK, si scherza…). Mobile Il mobile gioca un ruolo sempre più importante nel futuro della search: a livello globale, il traffico sviluppato da dispositivi mobile è oggi attorno al 15%. Essendoci comportamenti d’uso diversi in base al device, i marketer hanno bisogno di spremersi il cervello per pensare modi sempre più sofisticati per servire i contenuti su smartphone e tablet. Infine, è bene tenere a mente un paio di problemini non da poco: da un lato, che con le “campagne potenziate” di Google AdWords gli utenti (e le campagne) desktop verranno equiparati a quelli mobile; e dall’altro, che il traffico generato da Safari dentro iOS 6 (la versione più aggiornata del sistema operativo presente su iPhone e iPad) rischia di essere sempre visto come “diretto” (e non, per esempio, proveniente da ricerca organica). Le vecchie tecniche funzionano ancora L’accelerazione del mobile è in realtà un ottimo esempio di come le cosiddette “vecchie tecniche SEO” rimangono particolarmente rilevanti ancor oggi. La complessità che sta attorno alla gestione dei contenuti mobile non è affatto banale. Google, nella documentazione che ha messo a disposizione per i webmaster, suggerisce 3 approcci di base. La competenza tecnica lato SEO è la chiave per capire e implementare con successo le indicazioni di Google. E oltre a questo, ci vogliono comunque competenze tecniche lato SEO per capire come una best practice di Google potrebbe impattare sulla user experience di un sito web. La Technical SEO resta alla base di tutto il lavoro organico. In quest’era della SEO “less is more” (=meno è, meglio è), bisogna lavorare parecchio su impaginazione, contenuti duplicati, percorsi di navigazione, link interni, siti mobile e ricerca interna al sito, solo per citare alcune aree sulle quali porre una grande attenzione. Il Panda ha amplificato l’esigenza di creare contenuti accattivanti e coinvolgenti, che gli utenti trovino di valore. Se il concetto di content strategy è qualcosa di relativamente nuovo, l’idea di creare ottimi contenuti non lo è affatto: il famoso motto “Content is King” di Bill Gates, infatti, risale addirittura al 1996. I social media, potenzialmente, potranno drasticamente cambiare la SEO (e con essa, tutto il marketing online). I social media son qui per restare. Eppure non si sa di preciso quando ciò avverrà. I link rimangono infatti il fattore di ranking off-page più importante per Google (come ha insinuato Matt Cutts). Secondo uno studio di Searchmetrics dello scorso anno, i backlink sono secondi solo alle condivisioni su Facebook. Se, a livello superficiale, questo sembra suggerire che l’influenza di Facebook supera le classiche metriche di Google, in realtà rende evidente che i contenuti più popolari, che quindi attraggono più link, sono correlati ad una grande attività su Facebook. Le conclusioni di Searchmetrics sono in linea con quelle di molti SEO: i link valgono ancora oro. Ritorno al Futuro: Panda e Penguin Panda e Penguin hanno cambiato drasticamente la SEO. Il Panda ha demolito i contenuti inconsistenti, e ha fortemente ridimensionato la strategia di creare tanti contenuti di scarsa qualità all’interno di domini autorevoli. Il Penguin ha invece spazzato via moltissimi link creati artificialmente. Ma ironicamente, questi 2 aggiornamenti di Google hanno rafforzato la “vecchia SEO”. Il Panda ha fatto capire che i contenuti di grande qualità, assieme agli “utenti felici”, hanno una grande importanza. Mentre il Penguin ha fatto capire che i link rilevanti, utili e a tema hanno molto più valore di anchor-text pieni zeppi di spam. In pratica, è come se fossimo tornati al 2009. La SEO è a un bivio C’è un paradosso nella SEO del 2013: quello che arriverà (Knowledge Graph e Graph Search) è incredibile e meraviglioso, quello che è appena arrivato (authorship e rel publisher) sta cambiando le cose in modo rapidissimo, e ciò che ha sempre funzionato, funziona ancor oggi. Potremmo chiamarla “SEO sostenibile”. Gran parte dei SEO soffrono della sindrome della “luccicante novità in arrivo”, sono sempre in attesa della Next Big Thing. E non possiamo biasimarli: le cose cambiamo molto rapidamente in questo settore, correre dietro alle novità è un po’ una malattia professionale. Ma è bene ricordare una cosa: più le cose cambiano, più rimangono le stesse. Liberamente tratto da The Paradox Of New Vs. Old SEO, di Adam Audette.