Gianluca Dettori

Oggi ti propongo una intervista che sono riuscito ad ottenere da un personaggio davvero notevole, che da una quindicina d’anni opera nel business di Internet.

Non è un web marketer in senso stretto, ma sono fermamente convinto che il suo pensiero possa dare un fortissimo contributo alla forma mentis di chiunque abbia una idea imprenditoriale da voler mettere in pratica, in uno qualsiasi dei campi che hanno a che fare con la Rete.

Eccoti dunque 8 domande/risposte, in video (con relativa trascrizione) che Gianluca Dettori, fondatore di dpixel e della “storica” Vitaminic, mi ha gentilmente concesso: se hai in mente di lanciare un progetto sul web (o una startup), ti consiglio caldamente di leggere e “meditare” questa intervista, e di guardare/ascoltare il “Dettori pensiero” (che trovi espresso in vari video su YouTube): ti sarà sicuramente utile.

1. La tua carriera inizia nel 1995 nel mondo della connettività e dei portali (prima con IOL, poi con Lycos). Quale molla ti ha fatto fare il salto verso la creazione/ideazione di Vitaminic? Avevi forse intuito che il business della connectivity e dei “portaloni” era morto?

 


 

L’idea di fare Vitaminic è nata nel 1998. A quei tempi lavoravo nell’area dei motori di ricerca (ero Direttore Generale di Lycos), e ad un certo punto ho scoperto l’MP3: essendo musicista, ma anche appassionato di Internet e di musica, le due cose si sono nella mia testa collegate insieme, ho condiviso la cosa con altri 2 miei amici, e siamo partiti.

2. A proposito di intuito: come credi sia possibile intuire i trend del mercato? Ci vuole solo naso o bisogna anche restare costantemente aggiornati? Tu che hai pochissimo tempo, come fai?

 


 

Al di là di leggere, informarsi, seguire un pò quello che succede sulla Rete, il tema è quello di conoscere Internet, essere un pò curiosi. Ma fondamentalmente, per capire veramente i trend di mercato (al di là di queste conoscenze pratiche dell’industry) quello che secondo me conta di più, soprattutto nei mercati consumer, è di capire la gente.

Capire la gente cosa fa, perchè lo fa, e perchè Internet trasforma ciò in una vera opportunità per fare nuove imprese. Quindi, in realtà, si tratta di senso pratico, senso comune, unito a competenze, conoscenze del settore, al tenersi aggiornato e soprattutto all’avere una grande curiosità ed una grande voglia di capire ed esplorare. Ad esempio, io non avevo mai capito il social gaming fino a quando non mi sono iscritto a FarmVille, una settimana fa. E da lì ho capito un pò di cose, mi interesso, voglio approfondire… direi che il mix è questo.

3. Torniamo per un attimo al “clima prebolla”. Nel 1999-2000 si quotarono in Italia delle società francamente impresentabili. Dopo 10 anni, cosa è cambiato?

 


 

In questi ultimi 10 anni quello che fondamentalmente è diverso è che Internet è ora è una industria, ha una sua storia, che anche se è breve è importante. 10 anni fa, quando si scriveva un business plan di una società nel campo di Internet, non c’era una storia dietro, non c’era uno storico su cui basare delle ipotesi, la propria idea, i numeri. A distanza di 10 anni il settore è diventato importante, grande, noi tutti abbiamo potuto apprendere, conoscere, testare, verificare, capire cosa funziona e cosa non funziona. E’ chiaro che questo non è comunque sufficiente per poter avere la “palla di cristallo”, però sicuramente è tutta un’altra cosa fare una “azienda Internet” oggi rispetto a 10 anni fa, dove tutto era nuovo, tutto stava partendo e non c’era niente di precedente su cui basare le proprie ipotesi e i propri ragionamenti.

4. In Italia in molti hanno il mito della Silicon Valley. Se dovessi consigliare un percorso ad un neolaureato, lo indirizzeresti verso gli USA, o gli diresti di restare nel Bel Paese?

 


 

In realtà, quello della Silicon Valley è un pò un mito: ha senso andare lì se si vuol fare qualcosa di molto preciso nella propria vita: se uno vuol fare una startup, o l’imprenditore nel campo di questi settori tecnologici, allora quello è semplicemente il posto migliore al mondo per intraprendere una attività di questo tipo. C’è il più vasto e capace tessuto di investitori e di imprenditori, ed è chiaramente anche molto competitivo. Lo consiglierei quindi solo alle persone che hanno questo tipo di ambizione, molto specifica e precisa. Le startup Internet si posso comunque fare anche in Italia, come credo di aver potuto dimostrare (e come me, tantissimi altri) e quindi andare in Silicon Valley non è un fatto necessario. Se invece la si guarda dal punto di vista dell’esperienza, sicuramente dopo l’università fare una esperienza a San Francisco e in Silicon Valley, per chi è interessato a queste tematiche, da chiaramente una impostazione importante per poter affrontare il futuro.

5. Parliamo del panorama delle startup e dei venture in Italia. Dal tuo “osservatorio privilegiato”, noti che domanda/offerta vanno di pari passo? In altre parole, c’è più bisogno di startup o di capitali per finanziarle?

 


 

Lato startup, la quantità che si stanno affacciando sul mercato è notevole, e questo è un buon segno. La qualità, francamente, non è sempre elevata, soprattutto dal punto di vista di riuscire ad essere in grado di interessare un venture capital, che non è un investitore per qualunque tipo di progetto. Ci sono progetti di aziende che vanno benissimo e che potenzialmente posso perfettamente funzionare, ma che per definizione possono non interessare ad un venture capital per le loro caratteristiche.

Lato investitori, la situazioni in Italia è un disastro: ci sono pochi, pochissimi fondi, e anche all’interno di questi ci sono pochi, pochissimi venture capitalist competenti a sufficienza (in settori come Internet, per esempio). Questa è una cosa importante da ricordare: il venture capital non lo fanno i fondi di venture capital, ma dai venture capitalist. Ogni VC è diverso, ogni VC ha una sua esperienza: io, per esempio, non potrei dare un grande contribuito in una società di biotecnologie, perchè non ne so assolutamente nulla, mentre ci sono sicuramente altri venture capital che sono sicuramente in grado di farlo. Quindi dal lato dell’offerta di capitali, dal lato venture capital siamo molto indietro, siamo 10 anni indietro rispetto anche solo ai francesi; si investe circa 1/15-1/10 di quello che viene investito in Francia, e dei pochi fondi che esistono una parte sono pubblici, e quindi (tipicamente) non gestiti nel modo migliore, e gli altri sono talmente pochi… è un mercato talmente piccolo da non poter dire che questo sia un mercato.

6. La “moda” del momento è quella dei social. Ritieni che le stime di alcuni di questi (Facebook e Twitter su tutti) siano realistiche?

 


 

Quando di parla di social non trovo corretto parlare di “moda”, nel senso che forse poteva esserlo qualche anno fa. Più che di moda oggi possiamo parlare di un fenomeno culturale, un fenomeno di consumo, un fenomeno di massa. Facebook ha più di 300 milioni di utenti e punta a fare 1 miliardo di utenti, utenti che tra l’altro stanno moltissime ore collegati su base settimanale, e quindi evidentemente raccoglierà una notevole quantità di pubblicità non appena avranno capito esattamente come farlo. Facebook già fa dei ricavi, però il potenziale di una azienda di questo tipo, che punta a 1 miliardo di utenti collegati 5-6-7-10 ore la settimana, è sicuramente qualcosa di grosso, non è certo una moda. Il social networking, semplicemente, è Internet visto in un certo modo, un pò più evoluto, con strumenti che rispecchiano fondamentalmente ciò che la gente vuole dalla Rete. E così vale anche per Twitter: quando si notano applicazioni che crescono così rapidamente in termini di utilizzo e di numero di utenti, se all’inizio può sembrare una moda evidentemente dopo non lo è più. Quando una applicazione raggiunge milioni e milioni di persone sfonda una esigenza o un bisogno: così per LinkedIn, e per tanti altri siti di social networking. Le aspettative in termini di ricavi e numeri, il potenziale, lo sapremo veramente solo un pò più avanti, però non stiamo parlando di cifre banali: basti pensare a Zynga, al social gaming, e ai numeri che già ora stanno girando in quel settore.

7. Esistono dei settori (escluso l’ambito ICT/Internet) dove vedi grossi margini di crescita (e dove quindi suggeriresti di buttarcisi a capofitto)?

 


 

Ci sono tanti settori oltre all’ICT e ad Internet, in quanto settori di trasformazione o in quanto rispondono ad esigenze fondamentali ed importanti. Basti pensare al cleantech: nel campo dell’energia si dice che oggi ci sia una bolla speculativa (a livello di venture capital) perchè la sensazione è che l’ambito dell’energia, nei prossimi 20-30-40-50 anni, sarà un tema fondamentale per l’umanità e l’ambiente per cui solo innovazioni tecnologiche saranno in grado di risolvere le problematiche che abbiamo davanti come pianeta, come nazioni, come cittadini, come consumatori. Ci sono anche le nanotecnologie: lavorare nel campo delle dimensioni “nanoscopiche” consente di fare cose completamente nuove, in tantissimi settori, dal campo medicale al campo dei semiconduttori, dei microchip, dei sensori. Poi c’è appunto tutto il campo del medicale, delle biotecnologie… questi sono i settori che trovo più interessanti in questo momento, ma ovviamente Internet è quello che mi interessa più di tutti.

8. Chiudiamo con una previsione: ci sarà una seconda bolla?

Sulla risposta a questa domanda c’è da raccontare un piccolo giallo 🙂
Gianluca ha infatti registrato un primo video, che stranamente si è perso durante l’upload su YouTube. Ha quindi registrato un secondo video, che però è risultato senza audio. Abbiamo quindi optato per la cara vecchia risposta “per iscritto”, che trovi qui sotto.

Se ti riferisci a Internet, no. Comunque le bolle ci sono sempre, si dice (ad esempio) che ci sia una bolla nel cleantech.

Se ti riferisci invece alla bolla del 2000-2001, quella è stata niente confronto alla bolla del 2008, uno starnuto rispetto ad una polmonite: la bolla del 2000 ci ha lasciato con le aziende del futuro, quella creditizia con le pezze al culo.