E’ arrivato in Italia con due valigie, due mila euro prestati dal padre, e con tanta buona volontà. In meno di tre anni di soggiorno all’estero Michal Gawel è diventato fondatore e keyman della promettente società di Web Marketing Seolab, avendo contribuito direttamente alla crescita di numerosi progetti e brand tra cui Bakeca, Vodafone, IBS, Italianews, Vivaticket, Il Secolo XIX, Deagostini e Liquida. Insieme a Michal cerchiamo di capire l’evoluzione della professione SEO e del mercato di consulenza Web Marketing in Italia e in Europa.

Ciao Michal, come andiamo?

Mah, piuttosto bene, ho la testa piena di algoritmi legati all’indicizzazione dei documenti in base alle frasi nonché al periodo temporale, ed è anche piena di filtri strutturali e anti-duplicazione. Insomma, niente di nuovo, però con le fluttuazioni che attualmente osserviamo nei risultati di Google, l’analisi algoritmica e l’ottimizzazione del sito web per i motori sta prendendo una nuova piega.

L’algoritmo, ma anche l’approccio di Google alla user experience stanno cambiando molto velocemente, giusto?

Si è vero, così come internet e l’umanità stanno evolvendo velocemente, anche Google deve adeguarsi a quel ritmo forsennato. Il cambio si può notare sia dal punto di vista puramente tecnico sia dal punto di vista del marketing. Dal punto di vista tecnico, soprattutto negli ultimi sei mesi stiamo notando una vera evoluzione degli algoritmi non nuovi, perché legati all’indicizzazione dei documenti rispetto alle frasi, ma molto più efficaci e inoltre raffinati. Chiunque abbia un sito e-commerce, un aggregatore o classified B2B, potrebbe sapere di cosa sto parlando. Stiamo notando soprattutto tantissimi casi di raggruppamento massivo dei documenti duplicati (o quasi) all’interno del singolo dominio, ma anche cross-domini. Inoltre il grado di affidabilità ha sempre un ruolo fondamentale in quanto incide direttamente sull’indicizzazione. Nel nostro laboratorio abbiamo notato casi di siti scomparsi direttamente nel processo di indicizzazione, proprio per il fatto di avere un grado di affidabilità inferiore rispetto alle loro duplicazioni. Oltre a questo vediamo che il periodo di test tra i vari documenti simili/duplicati comincia a durare per più tempo e così il sito può avere delle posizioni non stabili e fluttuanti anche per un lungo periodo di tempo, esempio 6 mesi. Dal lato del marketing mi pare di capire che la tendenza da parte di Google è di premiare i CMS Google-Related, ovvero i blog con il Feedburner integrato (preferibilmente su WordPress), e i Media Wiki. Va notata anche la fortissima presenza dei forum. Il concetto di forum, alquanto datato, funziona perfettamente e cresce anche nei tempi del cosiddetto “web 2.0” (abbiate pazienza, ma “2.0” lo vedo più come uno slogan commerciale che come un’effettiva “dritta operativa”). Insomma, osserviamo la costante scoperta di molteplici significati che si nascondono dietro la parola contenuto, che oltre al testo o multimedia può significare il vantaggio tecnologico, concettuale, temporale e altri vantaggi che ognuno di noi scopre ogni giorno. E Google con il suo algoritmo cerca di aggiornare sempre il conteggio di questa catena di valore. Questi sono alcuni dei fenomeni che ho notato. Comunque non voglio annoiare i lettori, fammi un’altra domanda!

Insieme agli algoritmi evolve anche il concetto del business SEO, come vedi questo settore tra 3-5 anni?

Sicuramente il lavoro seo, da professione puramente tecnica, attraverso il lavoro semantico, sta arrivando credo alla sua vera finalità: il product management web orientato al business development & marketing. Basta vedere alcuni consigli di amministrazione di aziende web in Inghilterra o America per notare che una delle strade per entrarci è appunto svolgere un lavoro strategico di SEO. Il lavoro di web marketing, soprattutto se svolto nelle grandi realtà e dalla posizione di project manager, per sua natura ha tutti i tratti del lavoro gestionale ed imprenditoriale. Basta menzionare il confronto con i keyman (CEO, direttori che siano) delle aziende, alta pressione, diretta responsabilità sul traffico, focus sulla costruzione del valore, e obbligo di prendere le decisioni ad alto rischio (più o meno 30-40%) le quali impattano direttamente sul lavoro di tutto il team (sia staff marketing che tecnico). C’è da un lato quindi la SEO bella, strategica, che per funzionare ha bisogno di personaggi carismatici e staff di altissima qualità. Dall’altro lato sta crescendo una scuola opposta alla quella sopra descritta, ovvero quella orientata allo sfruttamento delle nicchie di ricerca dove c’è massima monetizzazione del traffico targetizzato ma insoddisfatto. Mi spiego meglio: prendiamo ad esempio la keyword “cerco lavoro”. Diciamo che la maggior parte dell’utenza la digita con l’obiettivo di trovare lavoro. Che succede però quando l’utente scrive questa parola chiave su Google e poi trova un racconto di uno che si lamenta di come sia difficile trovare lavoro? Molto probabilmente tale utente, soprattutto se nella sua testa ha già la struttura di un sito di annunci/classified, vorrà uscire da tale sito perché per lui non ha alcun valore. Il trucco in quel caso sta nel permettergli di scegliere una delle proposte commerciali perfettamente pertinenti alla sua ricerca (su Adsense e in qualunque concessionaria di pubblicità è pieno di siti che offrono gli annunci di lavoro).

Interessante, però la strada black-hat mi pare a breve termine, o no?

Hai perfettamente ragione. L’idea di trovare un utente targettizzato ma insoddisfatto è piuttosto banale, e probabilmente avrà vita corta visto che va contro leggi e principi naturali. Cosi come all’uomo preistorico non piaceva andare due volte a caccia per prendere un solo cinghiale, così adesso smetterà di piacergli fare due click sul mouse anziché uno, appena egli si renderà conto che è superfluo. Sono passati secoli, ma se guardiamo con attenzione, l’uomo mantiene alcuni tratti fondamentali. Detto ciò, rimane un dato di fatto che nei maggior paesi europei esistono delle aziende che facendo spam hanno fatto milioni di Euro e la cui valorizzazione (più speculativa che reale) arriva fino a 20 milioni di Euro. Tali aziende tendenzialmente vengono costituite come una sorta di evoluzione del SEO Tecnico, formate quindi dalle web agency che, avendo dei requisiti tecnici e know-how per crearli senza costi esagerati (struttura server, sistema di registrazione domini, rete di siti proprietari), hanno in mano, almeno attualmente, le chiavi per far salire i siti/domini spam. Se a questo aggiungiamo un’armeria di indiani pronti ad effettuare decine di migliaia di click fasulli, abbiamo davanti un panorama piuttosto agghiacciante. È un po’ triste che il know how tecnico SEO sia valorizzato proprio in quel modo, ma questa è la realtà.

Quale delle due scelte, white o black-hat secondo te è più rimunerativa?

Come stavo già dicendo nella chiacchierata con Francesco Piersimoni non voglio fare né la figura del santo né del diavolo. Non voglio quindi dire di non aver mai provato una strada white o una black. Credo che la scelta di quale strada prendere dipenda dai valori che si seguono anche nella vita reale. Sicuramente se uno vuole “fare soldi on-line” il metodo black-hat è molto più efficace. Invece, per una persona che non sente il bisogno di guadagnare con avidità, il fattore fondamentale consiste nel creare un valore elevato e quindi si è disposti ad aspettare un po’ di tempo in più prima di diventare un imprenditore di alta classe. In termini puramente economici temo che la strada delle aziende black-hat, almeno nel campo direttamente legato al posizionamento di ricerca, sia sempre più efficace. Credo che un SEO world-class trovi la sua vera valorizzazione quando… smette di fare SEO e diventa product manager/imprenditore. Fin quando un SEO solamente “piazza siti su Google” sfrutta 30-40% del suo reale potenziale: si sta formando, cresce enormemente lavorando su una varietà di progetti interessanti ma, essendo classificato dal mercato come consulente, guadagna relativamente poco rispetto al valore che produce.

Come pensi andranno le cose in Italia?

In Italia andrà diversamente perché il mercato è ancora nella fase di crescita e sviluppo, un po’ lenta e lontana dalla fase di maturazione e stabilità, ma come dimostrano le ultime notizie (esempio: tasso di crescita di Facebook allucinante) il tutto si presenta positivamente. Inoltre non è possibile paragonare fedelmente i mercati anglofoni con il nostro, data la sproporzione delle risorse a disposizione (sommando UK, USA, Canada, India, Pakistan e altri paesi anglofoni abbiamo a disposizione la forza produttiva non paragonabile alla forza di un singolo paese, la cosa che nel caso del lavoro semantico tipo SEO incide parecchio). Insomma, se devo fare un’osservazione da profeta vedo il panorama SEO in Italia nei prossimi 2-3 anni con 2-3 player dominanti nel settore acquisiti in prospettiva dai grossi centri media/multinazionali, con radice interna di 10-15 risorse, ed oltre a questo anche molti freelancers altamente qualificati che lavorano per esse.

Forse la strada freelance è dunque quella più giusta per i SEO?

Non credo sia così semplice giudicarlo. Un SEO Freelance secondo me dovrebbe profilarsi molto bene, diventando esperto di un settore, o addirittura di una nicchia, che poi di seguito riesce, nel suo piccolo, a scalare. Faccio un esempio: nel caso in cui uno decida di specializzarsi nella salita di business legati al turismo estremo, apre quindi il portale dedicato a quella tematica, pian piano scema la visibilità, dopodiché comincia a vendere spazi pubblicitari all’interno di esso, aggiungendo anche la possibilità di creare un sito all’interno del portale, perfettamente posizionabile su Google. Ovviamente, è un esempio molto grezzo, senza andare troppo nei dettagli, ma in genere credo che i seo freelancers stessi si siano resi conto che lavorando appositamente per farsalire le “aziende Google” al meglio, cui l’80% (spesso anche il 100%) del traffico e del fatturato è generato dal traffico legato al Search Organic, non si raggiungono gli obiettivi senza sforzo alcuno, ma si raggiunge con uno sforzo esagerato, essendo brutalmente sfruttato dal cliente. Dal lato dei clienti la questione è analoga – se uno non sceglie un seo specializzato nel settore rischia di incepparsi nel processo gestionale del sito per parecchi mesi, se non anni. Il mercato seo non ha problemi di domanda ed anche il problema dell’offerta credo sia piuttosto relativo (rispetto ai loro colleghi europei i buoni seo italiani, nonostante siano in pochi, tendono ad essere più esperti del mestiere). Il vero problema del mercato seo è quello di far incrociare domanda e offerta. Molto spesso i clienti e i consulenti non riescono a giudicare se la consulenza in merito dell’indicizzazione nei motori di ricerca produrrà un valore aggiunto. Giusto per dare un paio di consigli: se si crea un sito di poker o di incontri bisogna chiedere la seo all’azienda o freelance specializzata nell’inserimento intelligente di link a pagamento. Se si gestisce un giornale bisogna fare attenzione alla forza community&brand dell’azienda di consulenza visto che sarà il brand on-line che darà popolarità (più alto il brand = più citazioni). Se sei un classified di annunci scegli un’agenzia che ha già in gestione altri siti di annunci/siti divisi localmente, visto che essi molto frequentemente si scambiano link tra di loro. La stessa cosa vale per i consulenti. L’incrocio tra la scelta di consulenti e clienti rappresenta l’80% del successo nel lavoro SEO. Inoltre tanti manager sentono l’esigenza di internalizzare il lavoro legato all’indicizzazione su Google, dato che esso è molto legato al core della loro azienda. Ed è proprio per questo che si sta facendo strada il settore legato alla consulenza on-line e alla formazione.

A proposito di formazione, ci dici due parole in merito ai corsi che state preparando per maggio?

Diciamo che abbiamo tratto delle conclusioni proficue ed interessanti dalle edizioni precedenti che ci daranno la possibilità di un potenziale miglioramento. Questa volta vogliamo innanzitutto raffinare la formula dei corsi: stiamo puntando su una formula “alla Tony Robbins”, ovvero uno Show, terminato il quale si esce dall’aula con un brivido di eccitazione e con la chiara convinzione di aumentare la redditività della sua attività commerciale. Da quel concetto nasce il nome Play With ROI. A questa formula vogliamo aggiungere il nostro pezzo forte – ovvero l’approccio scientifico sul posizionamento dei motori di ricerca, basato sulla perfetta conoscenza di tutti gli algoritmi di Google (chiamato “Seo Illuminato”). Insomma, nel prossimo corso contiamo di fare una cosa più difficile – essere illuminanti e allo stesso tempo attraenti e divertenti. È un esperimento che sono convinto riuscirà per il meglio perché i nostri ragazzi sono piuttosto svegli!

Sempre a proposito dei corsi, con Madri siete andati in concorrenza proponendo delle date allineate uno e due giorni prima del suo corso. Si tratta di una manovra voluta?

Sì, è stato fatto con premeditazione. Io voglio che Seolab cresca senza paura di evolversi e di competere. Voglio una Seolab con le palle, che abbia una chiara visione gestionale e produttiva, in grado di offrire al mercato i servizi ed i prodotti vincenti. E inoltre, voglio competere solo con i player migliori. Solo cosi si cresce, si acquisisce know-how e si potrà arrivare al top. In quest’ottica direi che la scelta di Madri come competitor nel campo di corsi seo sia più che giusta. Insomma, questa sarà solo una simpatica amichevole di riscaldamento prima della vera partita in “Champions” che giocheremo sul fronte del web marketing e del web advertising contro i centri media, prevista fra un anno o due.