Andrea Febbraio

Nel corso del tempo ho espresso più volte il mio stile anti-social (e pure a-social, a dire il vero 🙂 ).

Non posso però ignorare l’esplosione che ha fatto nascere e prosperare, da 2-3 anni a questa parte, un discreto numero di buzz agency e professionisti/aziende impegnate nella comunicazione digitale “alternativa”.

Nei giorni scorsi ho dunque deciso di contattare Andrea Febbraio, CEO di PromoDigital (si, proprio quelli del recentissimo accordo con Wikio e relativa polemica sui post a pagamento), proponendogli 7 domande sui delicati temi dell’advertising, del buzz e dell’infiltration: ecco l’intervista che mi ha rilasciato.

1. Il banner è stata la prima forma di pubblicità online. Ora è morto? o morirà ucciso da altre forme di advertising?

Il banner non è morto, diciamo che come la mitica “fenice” è risorto cambiando pelle e adesso è molto lontano da quello che era agli esordi. E’ sempre più uno spazio dove ospitare forme di comunicazione diverse, soprattutto video. Il formato del “pre roll” è praticamente esploso e molte concessionarie media puntano soprattutto su questo.

2. Facebook, per alcune agenzie, sta diventando una grossa opportunità, una terra di conquista dove si crea un certo tipo di comunicazione pubblicitaria. Ma lo spostarsi degli investimenti adv nei social, non rischia di “togliere aria” agli editori?

Facebook è visto un po’ come un’entità a se stante che sta fagocitando tutto il resto degli spazi sociali. Al momento però è ancora molto difficile utilizzarne l’enorme potenzialità al di là delle classiche Fan Page e delle possibilità di advertising offerte dalla piattaforma. Gli editori hanno la possibilità di evolvere, magari prendendo a spunto anche alcune peculiari funzionalità che hanno reso Facebook molto popolare, sia tra le agenzie che gli utenti. Abbiamo visto che Twitter ha “contaminato” alcune funzionalità di Facebook, e Google stessa in tempi rapidi si è adeguata. Secondo me questo dovrebbe accadere anche agli editori più evoluti e pronti al cambiamento.

3. Definisci il Buzz. E soprattutto il suo rapporto con l’etica.

Buzz come oramai tutti sanno è un termine onomatopeico che richiama il ronzio dell’ape è quindi il passaparola. Prima di Internet avveniva soprattutto offline, adesso, grazie anche ai Social Media, avviene in misura maggiore online. Esistono delle tecniche etiche e collaudate per far in modo di propagare le discussioni online in merito ad un prodotto e un servizio. Sempre più persone utilizzano Internet per informarsi prima di procedere all’acquisto di un prodotto leggendo le opinioni di utenti, consumatori o persone che ritengono esperte di un dato argomento. Il punto dell’etica è però a questo proposito fondamentale: WOMMA in USA e WOMMI in Italia hanno steso un codice etico per definire i confini di questo tipo di attività, tenendo ben a mente i concetti di:

1) Onestà di Opinione
2) Onesta di identità
3) Onestà di Relazione

In pratica, ogni qual volta c’è un coinvolgimento dei consumatori da parte di un brand nei Social Media, deve essere chiaro ai consumatori stessi che quel blogger/forum/utente di Facebook sta parlando perché coinvolto dal brand tal dei tali a partecipare alla campagna. Deve essere chiara anche la relazione tra Ambassador e il brand magari specificando che ha ricevuto un prodotto gratuito, l’invito ad un evento o una retribuzione economica.

4. A proposito di etica: come giudichi certe operazioni di infiltration nei blog/forum? esiste un modo “corretto” di fare infiltration?

Infiltration è un termine fuorviante che non andrebbe utilizzato: noi preferiamo l’espressione “community conversation”, che descrive meglio quello che facciamo. Sia chiaro una volta per tutte: le attività di infiltrazione dei forum dove non è palese che l’Ambassador sta parlando per conto di un brand dopo aver ricevuto il permesso dell’amministratore non solo non sono etiche, ma anche illegali e rientrano nella pubblicità ingannevole. Stesso per le attività fatte con utenti “fittizi” in community aziendali o pagine Facebook.

Chi fa parte del WOMMI o WOMMA queste cose non le fa.

5. Secondo Seth Godin, un “influencer” che divulga un messaggio dietro pagamento, perde progressivamente potenza ad ogni “starnuto” che fa. Sei d’accordo? qual’è il vostro rapporto con i “Powerful Sneezers”? ne esistono in Italia?

Sono parzialmente d’accordo con Godin che ovviamente rimane un autore che ammiro. Dico parzialmente però in questo caso perché non credo che il fattore discriminante sia quello di essere pagato o meno. Il fattore discriminante resta nel valore dell’informazione che l’influencer mi passa. Se l’influencer è:

– onesto ed esprime un opinone libera su un prodotto (e quindi positiva o negativa a seconda dei prodotti)
– mi avvisa che sta partecipando ad una campagna
– vuole che il suo pubblico abbia a cuore il suo status di influenzer e quindi mantiene alta la sua reputazione in rete

allora l’effetto sulla potenza del suo messaggio è inalterato nel tempo. Nel libro “The Tipping Point” di Gladwell si parla proprio di “Maven”, consumatori aggiornati su tutto quello che riguarda un dato prodotto o settore per pura passione. I nostri influencer sono molto simili ai Maven e la loro passione ed il rispetto per la loro audience supera qualsiasi pagamento 😉

6. Parliamo di metriche: come è possibile misurare i risultati di una campagna sui social media? che tipo di report mostrate ai clienti?

La nostra piattaforma ha lanciato oltre 100 campagne di Buzz solo nel mercato italiano lavorando principalmente con i centri media. Credo che questo sia stato possibile soprattutto grazie alla reportistica completa che diamo, sia di natura qualitativa (analisi dei commenti, post, sentiment) sia quantitativa (page views, unique users, click, n° post, n° commenti, indicizzazione su Google, link, viral uplift).

7. Chiudiamo con le previsioni: come vedi il futuro dell’advertising e del web marketing non convenzionale? quali saranno i trend?

Il trend esponenziale si avrà secondo me nella crescita del video seeding. Il contenuto più scambiato su Internet sono proprio i video e ci sarà sempre più interesse in questo tipo di format e nelle possibilità di condivisione e “viralizzazione” da parte sia degli utenti che degli investitori.