Ciclicamente si torna a parlare della nascita di un “Google semantico” e di Knowledge Graph, insomma della strada che dovrebbe portare Google ad essere più intelligente e a fornirci risposte migliori e più pertinenti. Un ulteriore passo in questa direzione è emerso frugando fra gli 86 ritocchi algoritmici che il motore ha operato fra Giugno e Luglio: ben 5 di questi, infatti, parlano di “sinonimi”. Eccoli in dettaglio: # 81933. [Nome in codice del progetto “Sinonimi”] Migliora l’uso dei sinonimi nelle query. Ora è meno probabile che Google mostri dei documenti dove il sinonimo ha un significato diverso rispetto al termine di ricerca originale. • gallium-2. [Nome in codice del progetto “Sinonimi”] Migliora i sinonimi all’interno dei concetti. • zinc-4. [Nome in codice del progetto “Sinonimi”] Migliora l’efficienza non calcolando, in certi casi, i sinonimi. • #82460. [Nome in codice del progetto “Snippet”] Con questa modifica Google utilizza i sinonimi per generare title più accurati nei risultati web. • # 81977. [Nome in codice del progetto “Sinonimi”] Aggiorna il sistema di sinonimi di Google rendendo meno probabile la restituzione di contenuti di tipo “adult” quando l’utente non li sta cercando. Come fa notare giustamente Chris Crum su WebProNews, il risultato di queste nuove modifiche va nella direzione di slegare Google dalle keyword “secche”, in vista del prossimo passaggio “da strings a things”. Da parole chiave a “cose”, entità, relazioni. Passaggio sul quale Amit Singhal torna a premere l’acceleratore: in un post di 2 settimane fa, ha infatti sottolineato che Google “sta costruendo il motore di ricerca del futuro, un piccolo passo alla volta”, annunciando il rilascio di Knowledge Graph in tutti i paesi anglofoni, nonché un miglioramento della ricerca vocale sui dispositivi Android per “meglio comprendere le tue intenzioni”. E chiude l’articolo con questa frase: “Sono piccoli passi, ma importanti nella strada per costruire il motore di ricerca del futuro – molto più intelligente e utile di quanto non fosse solo pochi anni fa”. Quanto ci vorrà ancora per un Google davvero “semantico”?