Advertorial è un termine che nasce mischiando la parola “advertisement” (annuncio pubblicitario) con “editorial” (editoriale). Gli advertorial, presenti da tempo in TV e sulla carta stampata, stanno pian piano invadendo anche il web, e sono fra gli elementi della cosiddetta native advertising (la “pubblicità nativa”, che pare sarà il trend dei prossimi anni per chiunque vorrà monetizzare la propria presenza online). Ma a Google queste cose non piacciono. E infatti, negli scorsi giorni, ha penalizzato Interflora, che non compare più nelle SERP del motore di ricerca per termini come flowers, flower delivery e nemmeno per il nome stesso del brand (Interflora). Cosa ha fatto di male Interflora, per beccarsi questa sonora mazzata? Semplicemente ha acquistato dei link all’interno di alcuni advertorial, ovvero articoli – con anchor text mirati – scritti apposta per spingere alcune parole chiave. E Google ha penalizzato pure i venditori di questi link, azzerandone o abbassandone drasticamente il PageRank. Infine è intervenuto l’inossidabile Matt Cutts, che con un suo reminder ha ricordato che sono ormai diversi anni – credo più di 5 – che Google penalizza i venditori di link che passano PageRank e, più in generale, chi vìola le sue linee guida riguardanti i link. Ed ha aggiunto: “Diffida di chi si offre di pagarti per dei link – o dei “pubbliredazionali” all’interno del tuo sito – che passano PageRank. Vendere link (o pubbliredazionali con dentro link) che passano Pagerank vìola le nostre linee guida sulla qualità, e Google prende provvedimenti in caso di queste violazioni. Le conseguenze per un sito che vende link iniziano con la perdita di trust nei risultati delle SERP di Google, assieme alla riduzione del PageRank visibile nella Google Toolbar. Le conseguenze possono anche includere un posizionamento peggiore per il sito nelle SERP di Google”. Cutts suggerisce quindi di non vendere (o comprare) link che passano PageRank, se non si vuole rischiare di perdere trust, punti di PageRank sulla barretta o, in casi estremi, essere rimossi dai risultati del motore di ricerca. E se proprio si vuole mantenere la presenza di link nella pagina, questi vanno “sterilizzati” usando l’attributo nofollow (che permette di non trasferire il PageRank e l’anchor text alla risorsa linkata). Fino a qui nulla di nuovo, salvo il fatto che Aaron Wall di SEO Book si è accorto che Google predica bene ma razzola male. Infatti… ha comprato advertorial! Ecco l’esempio di un pubbliredazionale a tema Google AdWords,

Advertorial su Google AdWords

mentre questo sembra fatto apposta per spingere le keyword “Google Hangouts” e “Chromebooks”:

Advertorial su Google Hangout

Inutile dire che i collegamenti inclusi nei 2 articoli sono SENZA l’attributo rel=”nofollow”, e pertanto sono in grado passare link juice alle pagine linkate. Google, interpellata da Danny Sullivan di Search Engine Land, ha dichiarato che “indagheremo sui fatti proprio come faremmo per qualsiasi altro soggetto, e prenderemo gli stessi provvedimenti che avremmo preso per qualsiasi altro soggetto”. Google penalizzerà quindi se stessa? Non sarebbe la prima volta