Venerdì scorso Matt Cutts ha pubblicato un post che fa il punto sull’eterna lotta fra Google e lo spam, tema caldissimo in questi ultimi giorni. La parte dell’articolo su cui voglio focalizzare l’attenzione è quella in cui si parla dei contenuti; Cutts fa infatti 2 dichiarazioni estremamente interessanti per chi si occupa di editoria online.

La fine degli aggregatori “Stiamo valutando diverse modifiche che dovrebbero portare lo spam a livelli ancora più bassi, tra cui una modifica che colpisce soprattutto i siti che copiano altri contenuti e i siti con basso livello di contenuti originali. Continueremo a esplorare nuove vie per ridurre lo spam, tra cui nuove modalità per gli utenti per fornire un feedback più esplicito circa i siti spammosi e di bassa qualità.” In questa dichiarazione ho letto la fine di molti aggregatori di contenuti. Anche se non è direttamente specificato, credo che la frase “i siti che copiano altri contenuti e i siti con basso livello di contenuti originali” non lasci spazio a dubbi, identificando in modo molto netto un certo tipo di “succhiatori di feed”. Già nel 2008 avevo puntato il dito verso questo genere di aggregatori, ed evidentemente non mi stavo sbagliando… La fine delle content farm “Se è vero che lo “spam puro” è diminuito nel corso del tempo, l’attenzione si è ora spostata sulle “content farm”, che sono siti con contenuti superficiali o di bassa qualità. Nel 2010, abbiamo lanciato 2 importanti modifiche algoritmiche focalizzate ai siti di bassa qualità. Tuttavia, sentiamo venire dal web un feedback forte e chiaro: le persone chiedono azioni ancora più forti nei confronti delle content farm e dei siti che contengono principalmente contenuti spammosi o di bassa qualità.” Qui la faccenda si fa spessa, e parecchio. Basti pensare, ad esempio, che molti contenuti che girano sul network di AOL sono prodotti da SEED.COM, piattaforma considerata una content farm. E considera anche che Yahoo! ha comprato Associated Content alcuni mesi fa, spendendo 100 milioni di dollari: Associated Content può contare su circa 380.000 “contributor”, che nel tempo han prodotto più di 2 milioni di contenuti su oltre 60.000 temi diversi. A cappello di tutto mettiamo la notizia dell’IPO di Demand Media, attesa fra qualche giorno: l’azienda può vantare oltre 105 milioni di utenti unici al mese e più di 679 milioni di pageview, numeri prodotti da oltre 13.000 freelance. Se davvero Google cancellerà questo genere di pagine dai suoi archivi, ci sarà da un lato un probabile tracollo economico di certe realtà (anche se, seppure parzialmente, continueranno a fare traffico semplicemente comprandolo e fare soldi con tecniche d’arbitraggio), e dall’altro un profondo rimescolamento nelle SERP, dal quale emergeranno, finalmente, i contenuti di valore. Che sia davvero arrivato il nostro momento?