Premessa: a noi italiani forse può sembrare strano (almeno a me è sembrato strano) ma qui in Australia (vedi in fondo note sull’autore) ho trovato qualche volta negli annunci di lavoro la richiesta di possedere il Google Analytics Individual Qualification (che tanto per cambiare è solo in inglese). Non sapevo neanche cosa fosse. Ad ogni modo vado, vedo, cerco ed inizio a seguire il corso in comode slide (in inglese, ovviamente… la versione italiana è completamente differente e poco aggiornata). Ecco quindi le mie note su alcune caratteristiche delle Google Analytics che non conoscevo e che ritengo non conoscano neanche molti altri miei stimati colleghi che come me hanno adottato finora – per necessità – un approccio molto pragmatico e poco accademico nella loro formazione quotidiana (in altre parole, poco studio sistematico e molto ‘risoluzione di problemi in vista di specifici obiettivi’).

  1. Se c’è un errore javascript prima del codice di Google Analytics la sessione non verrà registrata! Ha senso, ma non è molto in sintonia con le mie osservazioni: errori javascript sono molto frequenti, mentre le analytics hanno sempre funzionato. Ad ogni modo… se Google dice così…
  2. SiteScanga è un tool online che controlla la corretta installazione del codice Google Analytics L’avevo già incontrato ma non mi aveva particolarmente entusiasmato. Potrebbe tornare utile per certe configurazioni avanzate (vedi sotto)…
  3. Se un utente entra nel sito visita la pagina 1, poi la pagina 2 e poi torna di nuovo nella pagina 1 il totale delle pagine visualizzate è 3. Forse è logico e banale ma vale la pena di saperlo. Esiste anche il parametro “visualizzazioni uniche”, il cui concetto dovrebbe essere evidente a questo punto. Se siete come me lo avrete certamente trascurato finora… 🙂
  4. Se un utente entra nel sito, chiude il browser (o sta inattivo per mezz’ora), lo riapre e torna nel sito conta 2 visite! Certamente abbiamo tutti notato la differenza tra visite e visitatori nella Google Analytics. Ecco quindi come viene calcolata. E certamente, aggiungo io, se uno stesso utente entra nel sito con 3 browser diversi contemporaneamente… sono 3 visite!
  5. Il visitatore unico viene invece identificato da un cookie. Corollario del punto precedente. Può essere interessante sapere che nel cookie viene registrato il timestamp della prima visita. E con questo si identificano anche i visitatori nuovi e quelli di ritorno e il tempo sul sito.
  6. Per calcolare il tempo sul sito il codice ha bisogno di tracciare la pagina di destinazione. Ad esempio il tempo sulla pagina A viene calcolato sottraendo al timestamp di arrivo della pagina B il timestamp di arrivo alla pagina A. Ne deriva che: a) il tempo dell’ultima pagina visitata non può essere tracciato! b) se hai un sito in flash in un unica pagina html ed usi Google Analytics probabilmente avrai i valori “tempo medio sul sito” e “frequenza di rimbalzo” completamente inattendibili (in questo caso dovrai imparare ad utilizzare il “Monitoraggio eventi” e le “Visualizzazioni virtuali”… vedi il punto 18).
  7. “Una nota sulla frequenza di rimbalzo: se il tuo sito è un blog, la frequenza di rimbalzo potrebbe non essere rilevante. Con i blog è piuttosto comune che gli utenti diano un’occhiata ad una sola pagina e poi se ne vadano” Google dixit. E se lo dice Google…
  8. Attribuzione delle campagne: l’ultima campagna/referral/ricerca si aggiudica l’attribuzione della conversione. Questo è veramente importante: se un utente arriva la prima volta sul tuo sito da AdWords, non compra niente (o comunque non attiva uno degli obiettivi del sito) poi ritorna una seconda volta da un referral o da una ricerca organica e compra… l’obiettivo raggiunto viene attribuito al referral o alla ricerca organica (o a un’eventuale altra campagna). Se invece arriva la prima volta da AdWords e poi dal “traffico diretto” la conversione viene attribuita ad AdWords! Per assegnare alla prima campagna l’attribuzione della conversione bisogna aggiungere ai link della campagna e a quelli di tutte le campagne successive “?utm_nooverride=1”.
  9. Visualizzazione contenuti per directory. Ce l’ho avuto sotto gli occhi ogni giorno ma non mi sono mai accorto che la pagina “Dettaglio contenuto” mostra le visualizzazioni raggruppate per directory.
  10. Puoi creare fino a 25 Analytics Account per Google Username ma puoi essere aggiunto come amministratore ad un illimitato numero di Analytics Account. E per concludere questo punto, puoi fare 50 profili diversi per ogni Analytics Account.
  11. Gli amministratori hanno accesso a tutti i profili di un account. Se condividi i tuoi profili con altri ricorda che ogni amministratore può vedere e modificare tutti i profili di un account. Se hai più clienti con cui condividere le Analytics è opportuno creare più account o farli accedere come semplici utenti (e non come amministratori). Probabilmente lo sai già ma vale la pena ricordarlo.
  12. E’ possibile monitorare il rendimento di diversi tipi di campagne aggiungendo dei parametri addizionali ai link in entrata. utm_source, utm_medium, utm_campaign sono parametri da aggiungere ai link nelle email, nei banner e in altre campagne cpc e che compariranno nelle Analytics. Per visualizzare un esempio di questi url: http://www.google.com/support/analytics/bin/answer.py?hl=it&answer=55578
  13. Un obiettivo può essere generato solo una volta per visita. Se hai fatto dei test te ne sarai probabilmente accorto. La stessa cosa non avviene comunque per le transazioni e-commerce (e ci mancherebbe…).
  14. Puoi usare le regular expressions in diversi modi in google analytics. Che le potevi usare nel creare filtri, nell’impostazione degli obiettivi e nella visualizzazione dei dati forse lo sapevi già. Ma ci sono alcuni modi molto intelligenti come per esempio raggruppare più pagine in un unico passaggio di una canalizzazione di un obiettivo.
  15. Utilizzare i rapporti personalizzati Sicuramente avrai notato la possibilità di creare rapporti personalizzati e forse ti sarai chiesto “cosa me ne faccio?”. Ecco un’esempio: puoi creare un rapporto con sorgenti di traffico/parola chiave sulla sinistra e tutti i tuoi obiettivi uno per uno in alto. In questo modo avrai una visione più comoda dei dati rispetto a quella che puoi trovare nei rapporti di default delle Analytics (ovvero “quali parole chiave hanno realizzato obiettivi espressi in numeri e non in percentuali”).
  16. Utilizzare i segmenti avanzati Avrai notato anche che la possibilità di filtrare e paragonare i dati per segmenti avanzati. Quello che forse ti è sfuggito è che nascosta nei “segmenti personalizzati” c’è la possibilità di filtrare dati molto utili: per esempio, se stai monitorando determinate parole chiave, puoi creare segmenti avanzati solo per query che contengano solo quelle parole chiave (o che corrispondono esattamente a quelle parole chiave), oppure per visite che hanno portato entrate AdSense (o entrate E-Commerce) maggiori di una certa cifra.
  17. La ricerca su sito Se sei come me hai completamente trascurato la Ricerca su sito (quella che ti permette di monitorare utilizzo e performance di un eventuale motore di ricerca interno al sito). Invece le possibilità sono numerose: individuare contenuti ricercati che mancano al tuo sito, identificare parole chiave per campagne SEO e PPC, capire quali contenuti non sono facilmente accessibili alla navigazione e meriterebbero invece di essere più accessibili,…
  18. Visualizzazioni virtuali e Monitoraggio eventi Le Visualizzazioni virtuali probabilmente le conosci già se ad esempio ti sei posto il problema di monitorare i click sui download sul tuo sito. Le visualizzazioni virtuali sono attivate ad esempio su un link con l’aggiunta del codice onclick=”javascript: pageTracker._trackPageview(‘/nomecartella/nomefile’);”. In maniera molto simile si può monitorare la navigazione di un sito in flash. Il monitoraggio eventi è un’articolazione avanzata con 4 parametri (categorie, azioni, etichette, valore). L’esempio proposto è quello di un monitoraggio degli eventi relativi alla visualizzazione di un video in flash (play, stop, pause…).
  19. Quelle variabili definite dall’utente Un semplice esempio che illustra come usare le variabili definite dall’utente consiste nel monitorare i comportamenti (es. le conversioni) di utenti registrati e non registrati; come funziona? Quando l’utente si “logga” viene definita una variabile (es. “member”) e la visita viene monitorata di conseguenza. Tale variabile viene iscritta nell’__utmv cookie, quindi persiste ben oltre la sessione (2 anni!!! o finchè non viene cancellato o riscritto il cookie). Ma non finisce qui: se hai la possibilità di far passare alcuni dei tuoi utenti attraverso un form (per l’iscrizione ad un forum, newsletter o altro…) puoi settare la variabile per categorie sociografiche (professione, età…).
  20. Ulteriori Personalizzazioni Google Analytics permette di modificare alcune impostazioni di default aggiungendo qualche riga al codice di tracciamento: si può quindi modificare il tempo massimo di inattività prima di considerare la sessione conclusa (di default 30 minuti, vedi sopra), modificare il tempo massimo attribuibile ad una campagna per aggiudicarsi una conversione (di default sono 6 mesi: ovvero su uno clicca su un annuncio AdWords e converte dopo 6 mesi e un giorno la conversione non viene attribuita ad AdWords), aggiungere motori di ricerca, considerare alcune parole chiave (es. il nome del tuo sito) o alcuni siti di provenienza come traffico diretto…

Autore: Jonathan ThanX Pochini, SEO specialist e consulente SEO attualmente a Sydney per imparare l’inglese come si deve e per fare esperienza in ambito SEO internazionale (per il TagliaBlog). In Australia ha tra le altre cose scoperto quanto sono bravi ed apprezzabili i propri colleghi italiani che, non potendo fare affidamento sui servizi low cost dei paesi in via di sviluppo (dove lo trovi un SEO in India che ti faccia un link building di massa in italiano?), si sono dovuti inventare sistemi molto raffinati ed evoluti, approfondendo la riflessione sul proprio lavoro e maturando professionalmente con passione ed inventiva.