Una ricerca pubblicata alcuni giorni fa da appssavvy rileva che la pubblicità integrata all’interno di attività sociali (social game, applicazioni e siti) è una delle forme più efficaci di digital marketing.
Nello specifico, il report (denominato “Social Activity Index – Measuring the Effectiveness of Social Advertising“) ha mostrato che la “social activity advertising” è efficace quasi quanto la paid search, doppia i rich media e supera di 11 volte la display.
Le performance sono state misurate in base ai dati estratti da 170 campagne di “social activity” americane, utilizzando un indice denominato EDI (Equivalent Display Impressions) che misura la capacità di un formato pubblicitario di creare engagement col brand.
La “social activity advertising” coinvolge quello che il brand comunica in attività che hanno a che fare con i social game, le applicazioni o i siti web. Esempi di queste attività sono l’invio di virtual gift, il giocare un livello sponsorizzato da un brand all’interno di un videogioco, il completare un sondaggio o un quiz, il partecipare ad un photo contest.
Questa tipologia di pubblicità combina il messaggio del brand ad una azione sui social, come il condividere, il “seguire” (su Twitter) o il cliccare “Mi piace” (su Facebook).
Ed è nell’ambito dei social game che vengono registrate le performance più elevate, che arrivano a superare fino a 37 volte l’attività di una campagna display:
Si è infine notato che il 2,1% dei “social ads” è stato condiviso sui social network (come Facebook e Twitter), aumentando di conseguenza in modo importante il numero di visualizzazioni del messaggio.
Come abbiamo più volte scritto su questo blog, le metriche e i formati pubblicitari dovranno necessariamente evolvere per sopravvivere, e la strada dei social pare essere oggi quella più ovvia.
- Internet Business Specialist


5 risposte
Credo che sia il gioco a dare il giusto posizionamento alla pubblicità e non viceversa. Se il gioco non è di qualità, accade che l’utente considera la pubblicità come SPAM ed ulteriore testimonianza che quello che stanno vedendo è scadente.
Questa ricerca sarà stata commissionata da qualche social network, oppure da qualche agenzia che fa pubblicità sui social; è antilogico quello che dici.
Beh, questo è “advertainment”, la pubblicità camuffata da intrattenimento, un po’ come la vendita delle pentole durante la gita gratuita sul lago di Como.
Vi sono tra l’altro delle ragioni psicologiche e neurologiche per le quali i messaggi inviati metre le persone si divertono, sono molto molto efficaci e persuasivi.
Detto ciò, mi viene in mente un articolo di qualche giorno fa del Taglia nel quale si parlava della discussissima questione delle fonti di finanziamento dell’editoria – era il post sui RSS – e della “fine” della pubblicità.
In realtà queste modalità di “pubblicità sociale” potrebbero essere un nuovo inizio, se importate in modo opportuno…
Peccato che con la pubblicità sui social…ci guadagnano solo i social
veramente interessante :-).
tutto ciò che é social é in grado di generare profitti.