La notizia che ha tenuto banco negli ultimi giorni nel variopinto mondo delle startup italiane – premessa: app NON è sinonimo di startup! – è quella di un giovane siciliano che prima vince 100.000 dollari in un concorso di app per Android organizzato da Samsung, poi finisce – riverito e osannato – a Ballarò, e infine vede sparire la sua app – “You Tube Downloader”, il nome dice tutto – dallo store di Samsung, in quanto tale applicazione si rivela essere non proprio il massimo a livello di legalità (per chi non lo sapesse, o facesse finta di non saperlo, i Termini di Servizio di YouTube (al punto 5.1.L.) dicono che “non è consentito accedere ai Contenuti per qualsiasi ragione diversa dall’uso esclusivamente personale e non commerciale come inteso tramite, e permesso dalla, normale funzionalità del Servizio, ed esclusivamente per Streaming. “Streaming” indica una trasmissione digitale in contemporanea del materiale da parte di YouTube tramite Internet verso uno strumento abilitato all’accesso ad Internet operato da un utente in modo tale che i dati sono resi disponibili per una visione in tempo reale e non sono invece disponibili per il download (sia permanente che temporaneo), per essere copiati, conservati, o ridistribuiti dall’utente”, e questa cosa è tale da parecchi anni).

In altre parole: fare un’app che permetta di scaricare video da YouTube è una cosa che va da sempre contro i regolamenti di Google, e che Google ha da sempre perseguito. Quindi possiamo anche perdonare il ventenne concedendogli il beneficio dell’ingenuità (a proposito di ingenuità, non mi vergogno di dire che io, più o meno alla sua età, registrai yahoo.it, accollandomi tutte le conseguenze del caso…), ma non possiamo fare una crociata per difenderlo a spada tratta, come se si trattasse del nuovo Shwan Fanning al quale qualcuno a tarpato le ali: c’è un regolamento scritto da chi offre il servizio, accettato da chi lo utilizza, e come certamente saprai “le leggi non ammettono ignoranza”.

Senza poi entrare nel discorso di quanto un’app del genere possa essere innovativa o disruptive: programmini con nomi e funzioni simili, se non identiche, girano da anni per il web e gli store, e vengono periodicamente bloccati da Google & Co.

Dopo questa lunghissima premessa, vorrei però proseguire con una riflessione più ad ampio raggio su etica e leggi nel mondo di Internet e delle startup, su legalità e moralità online (che paroloni…).

Partiamo proprio dal caso di Andrea Giarrizzo e della sua app: è illegale? Sì, secondo i TOS di YouTube. E’ immorale, o poco etica? A questa domanda non c’è una risposta univoca, perché etica e morale sono fortemente soggettive, e legate al contesto sociale e culturale dell’individuo: il tipico adolescente italiano non vedrà nulla di sbagliato nello scaricare gratuitamente un video (coperto da copyright) tramite un programmino, mentre un funzionario SIAE di mezza età potrebbe vederla in modo molto diverso.

Mettiamola così: quando c’è una richiesta mostruosa di certi prodotti/servizi, indipendentemente dal fatto che la cosa sia illegale o immorale, c’è sicuramente qualcuno che inventa qualcosa per soddisfare tale richiesta, e magari anche per farci dei soldi.

Qualche esempio? nell’editoria online, come già scrivevo più di 4 anni fa, ci sono furbetti che vivono quasi esclusivamente pubblicando contenuti spazzatura, con titoloni ad effetto e fatti per posizionarsi sui motori per determinate parole chiave molto ricercate, contenuti che se non sono illegali di certo non brillano per moralità.

E anche nel mondo delle app si sta ripetendo la stessa cosa: prova ad entrare in Google Play, lo store ufficiale delle app Android di Google. Ci sono applicazioni che hanno registrato milioni di download – Google, a differenza di Apple, mostra il numero di installazioni nella pagina dell’app – e che sono un vero e proprio trionfo del borderline.

App che nella descrizione mettono cose come “questa applicazione vi permette di craccare la chiave Wi-Fi di qualsiasi rete wireless nelle vicinanze”.

Altre che, per riallacciarmi al caso presentato all’inizio di questo post, permettono di cercare e scaricare senza problemi ogni genere di musica in formato MP3.

Altre ancora che sono semplicemente photogallery di ragazze in pose discutibili.

App ultra-scaricate, ultra-votate, ultra-commentate, che registrano milioni (in alcuni casi decine di milioni) di installazioni.

Sono illegali? Evidentemente no – almeno secondo Google – o non sarebbero ancora lì.

Sono immorali, o poche etiche, o borderline? In certi casi direi proprio di sì: non credo che milioni di individui scarichino un’app per trovare la chiave della propria rete Wi-Fi perché l’hanno smarrita. L’uso è certamente diverso, e in molti casi sconfina nell’illegalità.

Con app del genere si può diventare ricchi/famosi? Probabilmente sì. Ma forse, sarà perché sono un vecchio bacchettone, spero che il prossimo Giarrizzo diventi ricco/famoso per un’app che permetta di fare qualcosa di più che scaricare un video da YouTube o un MP3 da non so dove, di guardare ragazze nude o craccare un rete Wi-Fi.

Un’app che gli permetta, e ci permetta, di andarne davvero fieri.