non sono un consulente

“Sono un commerciale”
“Sono un seller”
“Sono un consulente”
“Sono un fornitore”

Mille definizioni per non dire quell’unica cosa che sei: un venditore.

Sono un venditore, o venditrice, comunque vendo.

Sono e non faccio, ci tengo a precisarlo. L”uomo è un’animale sociale, deve vivere insieme agli altri per sopravvivere: il rapporto con i suoi simili è un continuo scambio di beni, economici e affettivi. Vende, vende in continuazione e in continuazione compra.

Il bimbo che piange ti vende inconsapevolmente il suo starsene tranquillo per il gioco che ha adocchiato, tu gli dai il gioco (bene A) lui smette di piangere (bene B). Un quotidiano dare e avere che ci permette di avanzare nella nostra vita, ma lo accettiamo solo se non introduciamo in questo smercio i soldi.

Per capire da dove ci arriva il ribrezzo per la parola “venditore” dobbiamo partire proprio dai soldi.

Abbiamo un rapporto bipolare con i soldi: li vogliamo perché ci permettono di comprare cibo e altri oggetti funzionali alla nostra vita e allo stesso tempo li vediamo sporchi.

Chi lavora per soldi è un venale senza morale. I venditori “lo fanno per soldi”, ma la verità è che anche l’ultimo degli operai lavora per soldi, vende le sue competenze per denaro. L’operaio però ha un “padrone”, allora quel compenso gli è dovuto perché privato della libertà lavorativa, chi invece lavora per sé e quindi è libero dalle presunte catene che cingono i polsi dei dipendenti, allora è uno che lo fa solo per soldi, gli sporchi soldi che ruba in cambio di qualcosa che non vale quanto il denaro ricevuto. Non vedete il bipolarismo?

Nell’immaginario comune siamo quelli nati con la parlantina che tentano costantemente di fregarti, di ammollarti qualcosa di cui non hai bisogno SOLO per vendere, ci vedono bussare ad ogni porta con un folletto in grembo da piazzare nello stanzino delle scope di qualche casalinga incapace di rifiutare le nostre avances interessate.

C’è un termine che mette un gran canyon tra venditore e quell’essere che bussa a freddo ed è piazzista. Piazzare è una cosa, vendere è altro.

Piazzare è non interessarsi minimamente del bisogno dei clienti, chiudere il contratto cavalcando anche l’incapacità delle persone di dire NO, utilizzare le armi della persuasione come coltelli per strappare le tasche dei clienti e abbeverarsi con i loro soldi. Basta chiudere contratti, il resto non è affare del piazzista.

Vendere è lo scambio di due beni di pari valore, è l’orgasmo in due, è uscire dalla stanza soddisfatti allo stesso modo, io contando i soldi, tu per aver colmato una necessità.

Cosa c’è di purulento in tutto questo?

Un pregiudizio trascinato nel tempo che ci ha portato a coniare nuovi termini, a dissimulare, a spiegare che no, non siamo quei venditori lì, ma il punto è proprio questo: “quei venditori lì” si chiamano piazzisti e lo so, sono ovunque. Ma la colpa di chi è?

Delle aziende che affidano le vendite al ragazzino in cerca del lavoretto, lo ficcano in un vestito elegante, gli ammollano un campione, un plico e lo mandano a farsi pelare dai clienti che non sono minimamente interessati, vedendolo più come una piattola che come una risorsa.

Ma la colpa è anche nostra.

Strizziamo il naso quando dobbiamo ammettere di essere venditori e non consideriamo nemmeno per mezzo secondo che ogni cosa rivolta verso gli altri è una trattativa di vendita, anche sorridere per strada: ti sorrido così tu non ti poni male nei miei confronti, ti do questo in cambio di quello.

Vendere fa parte del set chiamato “istinto di sopravvivenza”. Le interazioni sociali sono tutte un atto di vendita. Se leggendo questo ti scandalizzi e pensi “no, io non sono così, io non sono venale, io non vendo sorrisi” ecc. è semplicemente perché forse oltre a vedere la vendita come una cosa da persone squallide, guardi storto pure i soldi.

Allora c’è un problema. Almeno in questa società, anzi no, in tutte, perché non esiste una società, da Wall Street a quella aborigena dell’Australia, che non fa scambi commerciali: chi in cambio di soldi, chi in cambio di canguri da farsi alla brace.

La vendita non è un atto sporco. I soldi che ne conseguono nemmeno.

Pensaci la prossima volta che sfogli il libro mentale dei sinonimi per non dire quell’unica cosa che sei: un venditore.

Autore: Francesca Luciani, consulente di comunicazione online e formatrice WordPress, per il Max Valle