Condividere su WhatsApp

Non seguendo in maniera estensiva l’argomento social non so se la condivisione di contenuti web tramite WhatsApp sia già piuttosto comune nei siti esteri. Limitandomi alla sola Italia, osservo che sono poche le pagine che hanno predisposto lo share tramite l’iconcina verde. Eppure mi sembra una modalità di condivisione che, in certo qual modo, potrebbe rompere uno schema da tempo consolidato e cioè quello di puntare solamente alla quantità delle impressioni di una potenziale risorsa in raccoglitori di utenza più o meno generica quali sono le infrastrutture Social. La condivisione tramite WhatsApp, a mio parere, può rappresentare un forte elemento di innovazione poiché, pur restando intatto il meccanismo di share, il banale clic su di un pulsante, l’informazione viene inviata da un utente ad un altro specifico utente; si tratta, insomma, di un meccanismo di trasmissione dell’informazione di tipo one to one: io Enrico consiglio a te, Mario, Davide, Francesco di leggere questo articolo, comprare questo prodotto, fruire di questo servizio. Certamente si può presupporre che il processo possa riguardare anche un numero superiore di utenti, quelli che aderiscono ad un gruppo (di WhatsApp intendo), ma si tratta, evidentemente, sempre di un quantità comunque molto ristretta di persone rispetto a quanto avviene, invece, nei Social per così dire tradizionali. Che la condivisione avvenga secondo lo schema “uno a uno” o “uno a pochi” è sempre e comunque presente un tratto distintivo in questa specifica tipologia di comunicazione che con molta difficoltà può essere replicato tramite i social per antonomasia e cioè l’intimità. In linea di massima se dispongo del tuo numero di telefono e so di non disturbarti (spiegherò meglio in seguito il perché utilizzo questa espressione) nel proporti un link, probabilmente ti conosco (forse anche solo virtualmente, ma comunque ti conosco!) e siamo, almeno un po’, in confidenza. Non si tratta di un fatto di poco conto!

Se ti conosco, se siamo in confidenza, evidentemente aumenta esponenzialmente la valenza dell’informazione che ti sto proponendo. La successiva conseguenza è il potenziale incremento, altrettanto dirompente, delle probabilità che il mio invito all’azione determini una conversione e cioè che tu decida di acquistare il prodotto o il servizio che ti ho proposto!

A rischio di risultare pedante, abbiate pazienza, voglio fare un esempio: poniamo che Davide Pozzi, detto il Tagliaerbe, figlio di Kmer della tribù di Instar, della terra desolata del Sknir, si alzi, come è il suo solito di buona mattina e si accorga, suo malgrado, che il lavandino perde. È una persona indaffarata e spesso in ritardo per cui non ha tempo di preoccuparsi ora dell’infausto evento: che Diamine! Lo farà al ritorno dal lavoro! Il Taglia è un convinto ambientalista e adotta il Car Sharing per recarsi in ufficio. Oggi il mezzo di trasporto ce lo mette il pignolo e puntiglioso Saverio il quale è in attesa sbuffante sotto l’abitazione di Davide da almeno cinque minuti. Purtroppo Marco, l’altro collega con cui si condivide il viaggio è influenzato e il nostro eroe non può esimersi dallo scambiare qualche parola con Saverio (normalmente si siede nel sedile posteriore a sonnecchiare e lascia l’incombenza a Marco!). Di che parlare? Beh, ovviamente, dell’unico argomento su cui Saverio difficilmente potrà elaborare un trattato filosofico: del rubinetto che perde! E qui il Taglia fa un errore, ma non voglio annoiarvi quanto annoiato è lui in quella mattinata di Primavera spiegandovi il perché… Parcheggiata l’auto i due si salutano e si recano, ciascuno, nel proprio ufficio. Saverio adotta rigidamente la tecnica del pomodoro e ogni 25 minuti effettua una pausa (e che pausa!). Girovagando senza meta tra un sito e l’altro si imbatte in un banner di una agenzia che si occupa, tra le altre cose, di piccoli interventi di idraulica a pochi chilometri dall’abitazione del Tagliaerbe. La sua mente metodica immediatamente ricorda “il problema” di Davide e ci clicca sopra. Arriva all’home page del sito e decide di effettuare un clic sull’icona di WhatsApp che chi cura il sito di tale agenzia ha sapientemente ivi predisposto. In men che non si dica il link alla pagina medesima arriva allo smartphone del Taglia, il quale, tornato a casa, stanco ed esaurito, volendo risolvere nel più breve tempo possibile l’annoso problema, chiamerà detta agenzia e si accorderà per un sopralluogo la mattina successiva (in certo qual modo la procedura è affine al meccanismo annuncio/atterraggio adottato da molti professionisti in Google Adwords, pertanto il clic sul collegamento ipertestuale potrebbe condurre ad una landing page dotata di un form per la richiesta di informazioni piuttosto che alla Home Page del sito). Potevo ideare sicuramente un intreccio più dotto (ma potete farlo voi, sostituendo il rubinetto che perde con un articolo di un blog, un televisore, una pratica automobilistica), resta il fatto che la sostanza non cambia: la condivisione tramite WhatsApp, in frangenti simili, sembra terribilmente efficace! Ma ritorniamo all’esempio precedente: il buon Saverio poteva anche condividere il nome dell’agenzia nella bacheca personale di Facebook del Taglia (posto che quest’ultimo consenta di farlo) o in un messaggio privato (o con modalità simili tramite altri social), ma queste rappresentano comunque operazioni più lunghe e laboriose sia per chi condivide che per chi deve leggere il messaggio rispetto alla ricezione di un messaggio diretto in WhatsApp, che rappresenta, sostanzialmente, un surrogato dell’SMS (aggiungo, inoltre, che non sempre chi utilizza Facebook ha le notifiche automatiche sempre attive a differenza di quanto avviene, invece, con un sistema di Instant Messaging). Al di là di tutti questi ragionamenti la cosa più rilevante da affermare è che questa metodologia di condivisione non esclude tutte le altre, si tratta, insomma, di un’opportunità in più che ciascuno di noi può – e credo debba – cogliere. Pertanto eventuali confronti tra WhatsApp, Facebook, Twitter, Google+ e che altro sono sterili… Da un’altra angolazione si può anche affermare che se nei Social, per così dire tradizionali, a fare la differenza è la validazione sociale in termini quantitativi, tanto più la risorsa condivisa dispone di mi piace, commenti, ecc, di utenti più o meno a me affini, tanto più deve essere interessante, nel caso di WhatsApp quest’ultima si esprime in termini qualitativi: se la singola persona che conosco e che, almeno mediamente, stimo, ritiene interessante una risorsa, essa, evidentemente, deve essere tale. Veniamo ai rischi nell’uso del mezzo. Il cellulare e il numero di telefono in esso custodito sono entità sacre per la quasi totalità degli individui (in Italia più che negli altri paesi). Abusarne, condividendo qualcosa di non richiesto o non disponendo della necessaria confidenza con la persona, può rappresentare, nell’immaginario collettivo, un crimine contro l’umanità e portare ad infausti eventi: il blocco da WhatsApp, l’eliminazione del proprio contatto dal telefono dell’utente o, peggio, la perdita di una potenziale amicizia! Non sognatevi, insomma, di utilizzare tale meccanismo in WhatsApp, una volta ottenuto che il vostro numero compaia nella rubrica di un utente (magari anche in maniera furbesca), per “sparare nel mucchio” come, purtroppo, tante volte avviene nei Social tradizionali! Un’ultima considerazione: considerato il tratto intimistico di questo tipo di condivisione io credo che debba essergli assegnata una dignità e uno spazio maggiore, non vedo, insomma, l’icona di WhatsApp affiancata pedissequamente a quelle di tutti gli altri social. La piazzerei in un blocco separato e la doterei di una call to action che richiami detto carattere intimistico usando espressioni del tipo “Perché non proponi/consigli il nostro servizio/prodotto/articolo ai tuoi amici/parenti/conoscenti?” Frase un po’ asettica, ne sono consapevole, ma voi saprete fare sicuramente di meglio! Ancora qui? Che aspettate ad installare il pulsante di condivisione verso WhatsApp? Alcuni riferimenti:

Autore: Enrico Ladogana, per il TagliaBlog.