Negli ultimi anni le SERP hanno subito una serie di costanti cambiamenti che, più o meno lentamente, ne hanno modificato la struttura “estetica” e di conseguenza anche il “significato”. Alcune di queste “trasformazioni” sono passate sotto silenzio, mostrando solo in seguito i reali effetti, altre sono state più eclatanti dimostrando da subito il loro vero impatto. Per capire il significato di ciò che è avvenuto e che, ancora oggi, sta avvenendo, è però importante fare un passo indietro e analizzare, attraverso il cambiamento “morfologico” delle SERP, un mutamento ancor più epocale che attiene al significato originario e a quello odierno su cui Google si fonda. Ma, come sono cambiate le SERP e cosa si evince da questo mutamento? Inizialmente quando si faceva una ricerca su Google i risultati che ci venivano restituiti erano abbastanza chiari e coerenti con il principio su cui il motore di ricerca voleva fondarsi, vale a dire quello di premiare i “contenuti” migliori, i siti che davvero fornivano agli utenti delle informazioni utili. Il Web per Google doveva quindi essere meritocratico e non c’era dunque da sorprendersi se i risultati restituiti erano solo ed esclusivamente organici.

SERP con risultati esclusivamente organici

A un certo punto i risultati organici cominciano ad essere affiancati da altri; si tratta dei risultati a pagamento, cioè dei veri e propri annunci pubblicitari che sono inseriti, chiaramente a fronte di un investimento monetario, in spazi sponsorizzati accuratamente distinti sia per posizione che per “colore”. In un primo momento, i risultati a pagamento occupavano il margine laterale della pagina di ricerca ed erano nettamente “più piccoli” rispetto ai risultati organici che continuavano a occupare la quasi totalità della pagina.

SERP con poca pubblicità

AdWords comincia a far capolino nelle SERP e se in un primo momento la sua presenza è abbastanza discreta, lentamente gli annunci pubblicitari diventano sempre più preponderanti rispetto all’organico; oltre che nella barra laterale, infatti, i risultati AdWords compaiono al top della pagina, con l’inevitabile “discesa” dell’organico verso il basso.

SERP con tanta pubblicità

Siamo difronte all’inizio di una battaglia decisamente accesa; da una parte ci sono i SEO e l’organico, dall’altra AdWords e i risultati a pagamento. Una battaglia che Google non sembra disposto a perdere; le armi si affinano e progressivamente cominciano a “infilarsi” tra i risultati di ricerca alcuni che hanno qualcosa di particolare; sono tutti riconducibili a un unico proprietario, Google stesso. Stiamo parlando delle mappe, dei risultati YouTube, delle immagini, delle schede biografiche, delle classifiche sportive, dei cambio valuta, di “Hotel Finder”, di Google Shopping insomma di tutte quelle “voci” che hanno fatto slittare sempre più in basso i risultati organici.

SERP hotel roma

In questa lotta senza confini, c’è un’altra arma da considerare, utilizzatissima da Google per contrastare il valore dell’organico; si tratta di Wikipedia, un sito onnipresente per qualunque tipo di ricerca e sempre posizionato in vetta. Qualcuno potrebbe obiettare che Wikipedia non è proprietà di Google, e questo è certamente vero, ma quanti di voi credono seriamente che “l’Enciclopedia Libera” potesse investire negli annunci a pagamento? Si è sempre detto che il cervello umano è più forte di qualunque “macchina” e, nonostante le sue caratteristiche uniche, Google è, e sempre rimarrà, una “macchina”. Questo per dire che, tra mille “avversità”, i SEO hanno sempre trovato il modo di tener testa al motore di ricerca e alla progressiva invadenza degli annunci a pagamento. Ecco perché quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare; Google inaugura l’era dei quality rater, del Web Spam Team, delle penalizzazioni manuali, di Panda, Penguin e loro successivi aggiornamenti, tutte armi in sostanza utilizzate per “screditare” i risultati organici e spostare sempre di più l’ago della bilancia degli investimenti verso gli annunci a pagamento. L’ultima tappa di questo scontro è il (not provided), ovvero la scelta di Google – partita in sordina nell’Ottobre 2011, e cresciuta col passare dei mesi – di oscurare le keywords che veicolano traffico su un determinato sito web. Una decisione clamorosa e che sta creando tanto scompiglio tra chi con le parole chiave ci lavora; come fare d’ora in avanti? Il problema principale che i SEO, i SEM e gli altri si troveranno ad affrontare non concerne tanto la ricerca delle parole chiave sulle quali costruire una campagna marketing o di posizionamento, ma riguarderà piuttosto la credibilità del proprio lavoro, ovvero la possibilità di dimostrare con i numeri ai propri clienti cosa si fa e quanto conta ciò che si fa per loro. Prima del (not provided) un SEO poteva, ad esempio, mostrare al proprio cliente il numero delle visite portate al sito dal posizionamento di una determinata key e, di conseguenza, il cliente poteva capire il valore del suo investimento e valutarlo in relazione al ritorno di investimento offerto dagli annunci al pagamento. E ora che le keywords non sono più visibili, come sarà possibile dimostrare a un cliente che è più vantaggioso e conveniente investire nell’organico piuttosto che in AdWords? AdWords potrà continuare a far vedere con i numeri il valore del proprio ROI, ma a tutti gli altri che armi restano? Questa è la sfida; d’altra parte anche sull’account fake di Matt Cutts su Twitter sembrano porsi la stessa domanda e darsi, scherzando, una risposta che fa pensare.

Il tweet del finto Matt Cutts

Autore: Lucia Cocozza (e il SEO Ivano di Blasi), per il TagliaBlog.