Prendo spunto dall’ottimo articolo di Davide (PageRank, vendita link e penalizzazioni: Google (finalmente) chiarisce) e da un mio commento nel suddetto articolo per scrivere un post su un’idea che mi gira nella testa da un qualche tempo. La link popularity è molto malata, probabilmente è giunta ad uno stadio terminale della malattia. La situazione attuale mi ricorda un film con Lino Banfi, dove l’attore impersonava il dipendente di un ristorante il cui lavoro consisteva nel far sembrare vive delle aragoste: lo faceva mettendo in corto due fili elettrici collegati alle chele dei crostacei. Google sta facendo qualcosa di molto simile: con l’introduzione del tag nofollow ha cercato di allungare la vita ad un algoritmo che fin da subito ha mostrato i propri limiti. Come si può pretendere di valutare un sito assegnando più valore all’opinione altrui, che ai contenuti stessi del sito? Voi siete proprio così sicuri che i link in entrata siano indice di qualità? Io dico di no, vi faccio alcuni esempi. Pensate a cosa accadrebbe se un webdesigner (ignorante in fatto di search engine, SEO, PR etc.) scrivendo un articolo a proposito dei 10 errori tipici del webdesign decida di linkare un sito orribile che li commetta tutti contemporaneamente: gli trasferirebbe, involontariamente, un pò della propria autorevolezza. Il famigerato Google Bombing è un altro classico esempio del fallimento della link popularity; poi ci sono i tanto amati blog contest, le matrici di links e le altre tecniche virali messe in atto per accrescere il numero di link in ingresso. Avete mai pensato che la link popularity sia la chiara dimostrazione di come l’acqua vada sempre verso mare? Non che io speri di vedere un fiume risalire verso la sorgente, ma credo un sistema del genere tenda a valorizzare oltremodo chi di valore ne ha già fin troppo. Qualche giorno fa ho letto un articolo davvero interessante su Search Engine Land, Search 3.0: The Blended & Vertical Search Revolution. Nell’articolo Danny Sullivan parla di ricerca 1.0 basata sulla posizione delle parole chiave, sulla loro frequenza e sugli altri fattori on-page, poi passa a descrivere la ricerca 2.0 fondata sulla link popularity ed i fattori off-page; l’articolo si conclude con la ricerca 3.0 ed i risultati di ricerca verticali: la Universal Search è il primo passo in questa direzione. La lettura di tale articolo mi ha rincuorato: non sono l’unico a pensare che la link popularity abbia fatto il proprio tempo. Continuo a chiedermi come si possa passare il tempo a discutere di eticità nel trasferimento di Page Rank o stupidità dei blog contest senza rendersi conto che il vero problema non siamo noi e le nostre azioni, bensì i limiti dei motori di ricerca. I fattori OnPage erano fin troppo gestibili dai webmaster (allora l’acronimo SEO non aveva molto significato); l’introduzione dei fattori OffPage per qualche tempo ha arginato il problema, ma a quanto pare anche questo ostacolo è stato superato. L’ultima novità sono i cosiddetti Blending Vertical Search Results; fin quando dureranno? Autore: Francesco “DAG” D’Aguanno (per TagliaBlog).