Nei giorni scorsi sono stato coinvolto in una discussione circa “il costo giusto di un contratto SEO“. Riflettendo un attimo sul tema delle retribuzioni – eterna diatriba di tutte le professioni che hanno a che fare col web – mi è venuto spontaneo spostare il focus dal fornitore al cliente, dal prezzo fisso alla conversione. Il mio commento a quel post è stato infatti:

“A mio parere una bella formula (estremamente difficile da trovare e da mettere in pratica, me ne rendo conto…) sarebbe quella che il SEO guadagna in base alla quantità/valore delle conversioni che porta al cliente. Si sposta quindi il discorso dal posizionamento di keyword, keyphrase e robe del genere a quello delle “conversioni incrementali” (= differenza fra le conversioni medie del sito prima dell’arrivo del SEO a quelle ottenuto dopo il suo intervento).” Rileggendo queste 2 frasette, mi sono reso conto che c’è una parola superflua, o meglio una parola che può essere sostituita con altre: SEO. Cambiamola pure con “consulente internet globale“, anzi ne invento una nuova: “conversionatore” (ovvero colui che aiuta ad aumentare le conversioni). Mettiamoci per un attimo nei panni del cliente: pensi davvero che voglia mettere il suo sito ai primi posti in Google solo per bullarsi con gli amici? o invece lo vuole perché crede che quello sia il modo migliore per ottenere più traffico e quindi, in buona sostanza, più soldi? Il cliente vuole conversioni. Magari non sa esattamente cosa siano queste benedette conversioni, ma vuole che gli utenti che capitano sul suo sito eseguano una determinata azione. Non vuole un posizionamento fine a se stesso, ma vuole che i visitatori del suo sito: • effettuino un acquisto • compilino un modulo • richiedano un preventivo • si iscrivano ad una newsletter o un feed RSS • clicchino su un banner Per questo motivo credo che, se il consulente è onesto e in buona fede, debba fare un passo indietro da concetti come SEO, SEM o PPC e invece spostare il discorso sulle “conversioni incrementali”. In poche parole, al cliente andrebbe fatto un discorso del tipo: “Oggi col tuo sito fai una vendita al giorno. Io mi impegno a fare in modo che le tue vendite aumentino di numero, e tu mi dai un percentuale X su ogni vendita in più. Fregatene di guardare Google.it tutti i giorni per controllare le tue parole chiave e i tuoi competitor, guarda piuttosto se le vendite aumentano o meno.” Il “conversionatore” potrebbe valutare la SEO come il metodo migliore per aumentare le vendite di quel sito. Oppure potrebbe utilizzare una campagna su AdWords o su Facebook. O magari decidere che bastano alcune piccole modifiche grafiche o di contenuto alla landing page/squeeze page per raddoppiare le conversioni. O per assurdo, nel caso di una attività locale, potrebbe optare per dei volantini da distribuire in un determinato quartiere con sopra il nome del sito e un codice coupon. E il cliente? beh, il cliente si deve fidare. Ciecamente. E dare modo al consulente di accedere, in qualsiasi momento e in tempo reale, ai tutti i suoi dati relativi alle vendite. E forse è proprio questo il problema maggiore…