Ciclicamente si torna a parlare di quanto l’editoria online – e non solo online – sia ormai allo sbando più completo: il gossip, mescolato allo sport, e mescolato al “dolore” stanno invadendo pian piano lo stream principale dei grandi quotidiani online, passando dalle posizioni più piccole/basse all’interno della pagina, alla scena principale. E’ il trionfo del cosiddetto boxino morboso: se il super-calciatore, con a fianco una velina mezza nuda, facesse oggi un incidente d’auto e finisse mezzo morto all’ospedale, è quasi certo che sarebbe il titolo principale di Corriere.it e Repubblica.it per almeno un paio di giorni. Mantellini ha risollevato il tema alcuni giorni fa, ma dal suo post non emerge il perché siamo arrivati a questo punto. E quindi ci provo io a spiegarlo 🙂 1. Utenti unici e pagine visualizzate C’è un metro molto semplice per misurare il valore economico – attenzione, NON ho detto qualità – di un sito web: il numero di utenti che lo visita, e il numero di pagine che questi utenti producono. Generalmente, questi numeri vengono calcolati su base mensile: se – ipotesi – il tuo sito fa 100.000 visitatori al mese e 200.000 pageview, significa che ogni lettore leggerà 2 pagine (questo per estrema semplificazione). E se il sito di un tuo concorrente fa invece 1 milione di visitatori e 2 milioni di pagine al mese, significa che vale 10 volte il tuo. Questo almeno a grandi linee. 2. La pubblicità online Il fantastico mondo di concessionarie e centri media, oltre a Google col suo AdSense e a vari grossi network di affiliazione (vedi TradeDoubler e Zanox) regolano la quasi totalità del mercato della compra-vendita di spazi pubblicitari online. Se sei un editore piccolino, che fa poche migliaia/decine di migliaia di pagine al mese, non avrai alcun appeal per concessionarie e centri media, e sarai costretto ad avvalerti dei banner di Google e delle affiliazioni (guadagnando, di conseguenza, cifre contenute). Oppure dovrai provare a vendere i tuoi banner direttamente, da solo. Viceversa, se inizi a macinare milioni di utenti/pageview entrerai quasi sicuramente nel radar di qualche concessionaria, che si offrirà di gestire gli spazi pubblicitari del tuo sito web (ovviamente dividendo con te il ricavato). O magari – caso un po’ più raro – sarà direttamente il centro media a contattarti per proporti campagne di qualche top spender. Più utenti, più pagine, più soldi. Meno utenti, meno pagine, meno soldi: questa è la legge della pubblicità online. 3. Le statistiche A differenza di carta, radio o TV – mondi dove vigono statistiche più o meno spannometriche – di un sito web (editoriale) puoi praticamente misurare tutto: ti basta appiccicare in fondo alle pagine il codice di Google Analytics, e saprai vita, morte e miracoli di ciò che avviene sul tuo sito. Quindi puoi avere in tempo reale la fotografia di quali notizie sono più lette dai visitatori, quali sono più cercate sui motori di ricerca, quali ricevono più traffico dai social network. 4. La svolta editoriale Come conseguenza al punto 3, puoi modificare la tua linea editoriale per scrivere su temi che “rendono” di più: se ti accorgi che scrivere articoli di approfondimento politico ha un costo enorme (in termini di tempo e denaro) e una resa quasi nulla (in termini di traffico e pageview), smetterai pian piano di scriverli. E se ti accorgi che pubblicare stupidi video e foto gossippare, o parlare di calciatori e veline, costa pochissimo e rende tantissimo, passarai pian pian a quei temi. 5. La deriva Il modello di cui al punto 4 porta chiaramente a un loop involutivo: titoli e contenuti svoltano sullo scandalistico, la lunghezza dei testi si accorcia, ci si piega a quello che vuole la massa. A questo aggiungiamo pure bieche tecniche per generare più pageview, come ricaricare la pagina automaticamente a intervalli di pochi secondi o linkare gli articoli di copertina alle home page delle sezioni interne del sito (e non direttamente all’articolo) per guadagnare qualche visualizzazione in più. Ed evito di entrare nel discorso di chi compra traffico e/o fa arbitraggio… 6. Conclusione Alla luce di questo spiegone, penso appaia chiaro che una grossa parte delle colpe relative alla deriva dei contenuti sono, come dire… “sistemiche”. Fino a che la maggior parte dei lettori si rifiuterà di scucire un euro per fruire dei contenuti (contestualmente cliccando solo su notizie da Novella 2000), fino a che i grossi editori online baseranno la quasi totalità delle revenue sulla pubblicità, e fino a che questa sarà venduta con logiche quantitative (e NON qualitative), la situazione sarà quella che vediamo. O più probabilmente, peggiorerà ancora.