Il Futuro dell'Editoria

Preciso subito che il futuro dell’editoria è una definizione troppo vasta, perché dovremmo includere anche quotidiani (per l’offline) e i siti di informazione (per l’online) e invece no: parliamo di libri e per online e offline ne parlerei in termini di vetrina e, in un certo senso, anche per distinguere il mercato degli eBook da quello on the road del nostro amato e odiato parallelepipedo di carta. Molti danno per morto il libro e sbandierano statistiche che attestano che in Italia pochissime persone comprano libri. Questo può significare molte cose. Due deduzioni sono:

  1. l’italiano medio ha di meglio da fare
  2. il libro è un prodotto di nicchia

Statistiche dell’Editoria Italiana

Al Più Libri Più Liberi di Roma, ho fatto una lunga chiacchierata con il responsabile della comunicazione del software di contabilità che utilizzano tutti gli editori più importanti di Italia. È un programma potentissimo che funge anche da gestionale, molto fico. Un giorno, quando finirà la crisi dell’Edilizia (business core della mia casa editrice) lo userò anche io perché ne ho bisogno per misurare più comodamente il ROI e tante altre belle cosette che il mio attuale programma fa male e lentamente. Insomma si parlava dei dati di vendita degli eBook, delle statistiche dell’editoria italiana che spesso l’AIE (Associazione Italiana Editori) tira fuori dal cappello, dati che secondo me sono un po’ “strani”! Quel buonuomo mi ha confermato che i numeri sono sempre falsati, sono gonfiatissimi. Chi meglio del mio interlocutore potrebbe saperlo? Quindi non è vero, è verissimo! Gli italiani leggono poco e molti leggono titoli di tendenza spesso promossi dalla televisione. Ma parliamo di romanzi o saggi. Non di letteratura tecnico-scientifica. Esiste la formazione obbligatoria professionale proprio perché il professionista, di qualunque settore, DEVE tenersi aggiornato. È un dovere ma spesso c’è anche una buona dose di volontà e passione. In questo contesto il libro ricopre un ruolo molto importante, tanto quanto le slide, gli articoli tecnici delle riviste di settore, convegni e fiere. Quando entri nello studio di un avvocato, di un architetto, di un consulente di comunicazione, vedrai sicuramente tanti libri e ti sentirai confortato da quelle pareti ricche di cultura. Pensi: questo non è uno sprovveduto. Oppure: ma li avrà letti davvero tutti? Quindi adesso possiamo dire: gli italiani leggono poco ma molti professionisti leggono per tenersi aggiornati e sono lettori di qualità in cerca di contenuti di qualità. Occhio! Per Tecnico intendo anche la manualistica, quindi libri su nutrizione, musica, sport. Anche le passioni hanno bisogno di aggiornamento. Tempo fa ho comprato un libro su Howlin’ Wolf edito da , quasi 20 euro! Suppongo ne abbiano tirate pochissime copie. Come me pochissimi altri appassionati di blues avranno comprato quel libro. Questo è il mercato di nicchia di cui parlo. Una cosa che ho imparato dal web marketing è che non è importante quanti accessi al sito hai ma la qualità di questi accessi e la qualità del tuo modo di accoglierli e gestirli. Ovvio che se sono di qualità e tanti è ancora meglio ma solitamente qualità e quantità in editoria non vanno molto d’accordo. Dall’e-commerce che ho creato per la collana di Web vendicchio bene e posso vedere anche chi compra, dagli store come Amazon no. Tra i lettori vedo chef, medici, avvocati, tutta gente che vuole imparare la sacra arte del Web e che un domani agirà indipendentemente oppure chiederà aiuto a professionisti del Web ma con le idee molto più chiare.

Libri contro eBook

Sono sempre stato del parere che se c’è qualcosa che distrugge ma non del tutto allora serve a fortificare e in certi casi a riedificare. I problemi che davvero influiscono negativamente sul futuro dell’editoria italiana (e sono davvero presenti) sono due: distribuzione e la mancata digitalizzazione delle librerie. Amazon, per dire, ha un sistema di intelligenza artificiale che memorizza l’andamento delle vendite e automaticamente ogni settimana richiede ai distributori il numero di copie esatto che gli servono! Un tempo il libraio era bravo e sapeva fare questo oculato lavoro di rifornimento, oggi non ha più né il flusso né la forza e ahimè nessuno dei distributori ha pensato bene di digitalizzare i librai. In realtà quando i tizi di Messaggerie sono venuti tre anni fa in casa editrice a “corteggiarci”, ci hanno spiegato che hanno un progetto che punta proprio a digitalizzare le librerie permettendo all’editore di monitorare vendite e giacenze in tempo reale con una app eccetera eccetera. Ma ancora non s’è visto nulla.

Problemi di Distribuzione

Se vendi in conto assoluto 1000 copie a tutti i librai, tu (editore) non saprai mai in fase di lancio quale regione e quale libraio sta lavorando bene il titolo (a meno che le librerie non sono tue…) quindi, considerando che i promotori non controllano, che i distributori dalla sede non controllano, che il libraio in primis non controlla, non potrai ricaricare tempestivamente il libraio che ha venduto bene il titolo (ma non lo sta rifornendo) e non può prevedere in alcun modo la resa del titolo dei librai che invece hanno il titolo fermo (perché poi l’invenduto torna in dietro). C’è un sistema: controllare attraverso i mezzi digitali disponibili e alzare la cornetta per verificare.

Librai Analogici

In realtà non sono analogici, da molti anni ormai anche il libraio indipendente usa software per fare il carico e scarico della merce ma il tutto è disconnesso e senza intelligenza. Il programma delle Feltrinelli e delle Mondadori ad esempio segnala al libraio l’invenduto ma non comunica al contrario i titoli che funzionano bene. Di fatto molte librerie (principalmente i retail che devono raggiungere obiettivi mensili) fanno quadrare i conti facendo le rese e beccandosi i rimborsi. Ma oltre a mancare la connessione a un sistema centralizzato e adeguati sistemi di alert, manca proprio la cultura digitale, cioè i librai non usano bene internet, social, direct email marketing. Lo fanno poco e male. La Feltrinelli Librerie stessa si limita a inviare le dem delle presentazioni (spesso bruttine) ma non ha mai pensato di segnalare le novità editoriali di punta o la classifica del mese o di fare interagire in qualche modo i lettori per esempio facendoli diventare recensori (locali). Alcuni lo fanno, moltissimi no. Non c’è una strategia univoca. Un libraio indipendente che lavora molto bene a Palermo è Modus Vivendi: organizza eventi a catena, sfrutta molto bene canali come Twitter e fa buon uso degli influencer. Ma l’eBook non interferisce, anzi secondo me essendo un prodotto digitale che vive moltissimo di acquisto compulsivo, genera vendite che altrimenti non ci sarebbero e spesso da parte dei target più inaspettati. Molto spesso mi capita che geologi o ingegneri chiedano l’eBook dopo aver acquistato il libro, per la comodità di portare la cultura anche in cantiere o in trasferta. Viceversa capita che un lettore digitale finisca poi per acquistare il libro perché vuole averlo sui famosi scaffali rassicuranti dello studio. Chi disturba invece sono i pirati che sproteggono gli eBook e li rendono disponibili in diversi siti di download selvaggio. Qualche giorno fa Rosa Giuffrè ci ha segnalato il suo eBook liberamente scaricabile da un sito in cui appariva il counter dei download effettuati. M’è venuto un colpo: oltre 600 download. La pirateria è inarrestabile e AIE e SIAE non fanno nulla ma proprio nulla, per dirla delicatamente si grattano la pera.

Il futuro dell’editoria è nella Cultura Open Source ma a un costo

Ma i pirati non sono stupidi né bastardi senza gloria: sono lungimiranti e spianano il terreno! E quindi sono felice (dopo l’infarto) quando vedo 600 download su un libro che ho pubblicato un mese fa, perché vuol dire

  1. che il titolo piace
  2. che l’editoria ha un futuro

Mi rifaccio un po’ al pensiero di Mantellini nel suo libro “La vista da qui” edito da minimum fax: se con il peer-to-peer di Napster siamo arrivati a Spotify, ben presto succederà qualcosa di forte anche con la letteratura. Salto e poi ritorno: i magnati del Web mirano tutti ad avere il dominio sulla ricerca dell’utente. Il possesso dei dati è il bene più prezioso del mondo, da sempre, dai tempi in cui l’unico HD di info intellegibili era la Bibbia. E se anche Amazon volesse diventare motore di ricerca? I suoi dati sarebbero di qualità nettamente superiore rispetto a quelli di Google. Il fatto che Amazon sia entrata nel business dei cloud e abbia stravinto è un segnale molto potente. L’esperimento di Kindle Unlimited è partito male ma perché credo che Bezos stia tastando il terreno e gli editori abbiano testato inserendo solo temporaneamente i titoli buoni oppure stabilmente i titoli scarsi. Attualmente i contenuti sono medio-bassi. Se un domani potessi accedere gratuitamente a tutti i libri presenti in Amazon ma con la possibilità di consultarne il 10% (a random, dove mi serve)? Un po’ come andare in libreria o in biblioteca, leggere la pagina che mi serve e andare via. Il titolo rimarrebbe tra i miei “consultati” e arrivato al 10% potrei acquistarlo (o in eBook o in cartaceo). I “consultati” diventerebbero una sorta di wish list. Tra l’altro se un utente in fase di ricerca su Google entra per caso in una libreria online molto raramente comprerà, in quella fase ha bisogno di una info immediata. Ma un domani tornerà in quello store e comprerà. E se un domani potessi pagare ad Amazon 20 euro al mese per accedere a tutta la letteratura in commercio, senza limiti di percentuale? Sono sicuro che sia nel primo caso (Ten-limited) che nel secondo (Unlimited), se avessi bisogno di informazioni, non cercherei più su Google perché saprei che su Amazon troverei contenuti più validi. E Amazon avrà tutte le carte in regola per essere sia social sia piattaforma di advertising (tipo AdWords). Per onestà, se fossi in Amazon proporrei al mio user di scegliere se fare apparire le ads con uno sconto del 50% sul costo dell’abbonamento. Se leggerò un romanzo ambientato a Parigi potrebbe apparire una pubblicità per un volo last second di eDreams, forse sarebbe un po’ una rottura di palle ma forse anche no. Se questa fantapolitica (la chiamo così per scherzare) non la metterà in piedi Amazon, ci penserà qualcun altro. Ma questo è secondo me il futuro dell’editoria: online. Un online che lavorerà comunque per supportare l’offline. E i diritti d’autore? Sarebbero limpidi, più limpidi che mai: editori e autori avrebbero un proprio panel per monitorare le pagine visualizzate con persino dettagliatissimi analytics (per impostare ads, ovviamente!!!). I diritti verrebbero pagati per impression. E il libro di carta? L’abbonato alla cultura illimitata avrà sconti esageratissimi mordi e fuggi, ora o mai più, per poter ricevere anche la versione cartacea. Non mi stupirebbe inoltre una Amazon Typografy con un service di print on demand interno, direttamente nei magazzini. L’azzeramento del valore di magazzino è l’obiettivo di chiunque abbia un magazzino, se non erro. Poi se pensi al fare self publishing come alla creazione di un blog, cambia la concezione del libro. Potrei pubblicare a puntate. Un domani Ken Follet potrebbe pubblicare capitolo per capitolo, settimana per settimana. Oppure potrei pubblicare un libro open (tipo Wikipedia) in cui ognuno può contribuire al perfezionamento sotto la mia moderazione. I “perfezionatori” avrebbero uno score e potrebbero diventare influencer nel settore. Sarebbe una rivoluzione culturale impressionante. Per concludere, tornando al discorso iniziale, credo nell’editoria di qualità per lettori di qualità. Penso a questo. Il mio obiettivo è raggiungere chi ha bisogno dei miei contenuti, non la massa. Che poi oggi grandi professionisti del Web dicano che i libri che pubblico non sono di qualità o hater e stalker facciano attacchi plateali o in sordina (che alla fine mi portano solo beneficio) o che alcuni autori della concorrenza stiano lì nell’ombra (per non portare quel beneficio) a lurkare e commentare in privato sciogliendo ogni tanto qualche cane per mordere le caviglie dei miei autori, poco mi importa. Fa parte del gioco. Come mi disse una volta un cliente quando lavoravo in Feltrinelli Duomo a Milano, il giorno prima di essere licenziato “Il mondo è pieno di stronzi, l’importante è non pestarli”: messaggio profondissimo dedicato al commesso, mio superiore, che mi aveva bistrattato, appunto, davanti al cliente. Mi hanno licenziato perché l’ho pestato, non fisicamente eh! L’ho solo mandato a quel paese. Autore: Enrico Flaccovio, per il TagliaBlog.