A Vincenzo Cosenza, responsabile della sede romana di Digital PR, ho posto le stesse identiche domande che ho fatto qualche giorno fa ad Andrea Febbraio. Il motivo? perché, da una mia superficiale visione “esterna”, vedevo PromoDigital e Digital PR come 2 aziende operanti entrambe nelle PR, nel marketing e nella comunicazione digitale “alternativa”, e quindi immaginavo agissero nello stesso ambito e con gli stessi strumenti. In realtà la visione dei 2 responsabili non è esattamente speculare… 1. Il banner è stata la prima forma di pubblicità online. Ora è morto? o morirà ucciso da altre forme di advertising? Se si guardano i dati più recenti sembra che il display adv stia andando meglio rispetto allo scorso anno. Ma il dato più generale è la perdita di credibilità del messaggio pubblicitario. Sempre più aziende hanno capito che, nel medio-lungo termine, paga molto di più investire negli earned media (spazi sociali in cui la visibilità si può guadagnare solo costruendo relazioni trasparenti con gli utenti) più che nei paied media. 2. Facebook, per alcune agenzie, sta diventando una grossa opportunità, una terra di conquista dove si crea un certo tipo di comunicazione pubblicitaria. Ma lo spostarsi degli investimenti adv nei social, non rischia di “togliere aria” agli editori? Facebook erroneamente viene visto come un territorio da colonizzare con varie forme di pubblicità, ma in verità si trascura l’opportunità più interessante della piattaforma, quella relazionale. Qualche giorno fa, durante un evento che abbiamo organizzato a Londra, ho incontrato un manager di Facebook EMEA che mi ha parlato della grande importanza di usare il social network per entrare in contatto e conversare con i propri “fan” per dare e ricevere valore (ne ho parlato più approfonditamente in questo post). 3. Definisci il Buzz. E soprattutto il suo rapporto con l’etica. E’ un termine che non appartiene al mio vocabolario, ma se lo intendiamo come le attività fatte per incrementare il passaparola online, ritengo che debbano essere improntate su principi di trasparenza e di correttezza. 4. A proposito di etica: come giudichi certe operazioni di infiltration nei blog/forum? esiste un modo “corretto” di fare infiltration? Il termine infiltration, che ogni volta mi fa accapponare la pelle, è proprio la negazione di un qualsiasi rapporto tra persone e aziende. Non ti nascondo che ho rifiutato parecchi lavori di questo tipo perché come Digital PR (Hill & Knowlton) ci siamo dati un codice di condotta molto rigido. Queste operazioni, spinte da chi riduce la complessità delle relazioni a meri numeri, non solo sono contrarie all’etica professionale, ma sono anche inutili, se non controproducenti, ai fini della diffusione del messaggio. Per operare correttamente le aziende, e dunque le agenzie, dovrebbero costruire con i propri pubblici di riferimento (opinion leader, clienti finali, stakeholder) un rapporto trasparente che possa dare valore ad entrambe le parti. 5. Secondo Seth Godin, un “influencer” che divulga un messaggio dietro pagamento, perde progressivamente potenza ad ogni “starnuto” che fa. Sei d’accordo? qual’è il vostro rapporto con i “Powerful Sneezers”? ne esistono in Italia? Il discorso è molto complesso e merita una distinzione. Ci sono personaggi famosi che influenzano milioni di persone anche se per veicolare un messaggio vengono pagati. Quando parliamo di opinion leader, cioè di persone ascoltate proprio per la genuinità del proprio pensiero, l’elemento commerciale mina il rapporto di fiducia e dunque il grado d’influenza. Questo i “powerful sneezer” lo sanno e dunque si tengono alla larga da chi li vuole pagare. In Italia esistono blogger o forum leader molto considerati, con i quali penso sia più produttivo costruire un rapporto basato su uno scambio trasparente di valore informativo, ad esempio offrire la possibilità di fare domande scomode ad un manager o testare in anteprima un nuovo prodotto in cambio di un feedback sincero. 6. Parliamo di metriche: come è possibile misurare i risultati di una campagna sui social media? che tipo di report mostrate ai clienti? Le campagne, termine mutuato dalla pubblicità per descrivere attività one-shot di breve periodo, sui social media sono misurabili valutando, a seconda degli obiettivi che ci si è dati, i post e le reazioni generati, le visite, i visitatori, l’impatto sui motori di ricerca. Il problema non è di misurazione, ma di prospettiva. Parlare di campagne ha poco senso, bisognerebbe pensare a progetti relazionali con i propri pubblici di riferimento. A quel punto cadrebbe l’ossessione delle metriche. Non mi pare che nel quotidiano ci arrovelliamo per misurare il rapporto con i propri amici o con la propria ragazza. 7. Chiudiamo con le previsioni: come vedi il futuro dell’advertising e del web marketing non convenzionale? quali saranno i trend? Probabilmente queste attività saranno influenzate dalle nuove possibilità tecnologiche come la geolocalizzazione e l’augmented reality, ma al di là delle mode resterà fondamentale impegnarsi nella costruzione di un rapporto sincero tra azienda e consumatore.