In estrema sintesi, la Real-Time Search di Google non è altro che l’integrazione di Twitter all’interno delle SERP del motore di ricerca. Tale integrazione avviene con criteri ancora sconosciuti (anche se qualcuno ha già provato a determinarli), ma in buona sostanza puoi ritrovarti un piccolo box di Twitter, all’interno del quale scorrono i cinguettii relativi alla query inserita, in una posizione più o meno alta/visibile dentro i risultati di Google. E c’è già qualcuno che ha trovato il modo di sfruttare questa nuova feature, in almeno 3 modi diversi. Come spiegato ottimamente da Rae Hoffman (nel video qui sopra e in un articolo dal titolo Google Enables Real Time Spam and More), ci sono almeno 3 tecniche (non proprio white-hat) per utilizzare a proprio vantaggio la Real-Time Search di Google. Real Time Spam: fai una ricerca in Google per la keyword che vuoi spammare. Se noti che nella pagina è presente il boxettino di Twitter, scrivi un ginguettio che includa la parola chiave in questione e vedrai il tuo messaggino comparire, in tempo reale, nella SERP. Ovviamente potrai includere anche un link, per intercettare click/traffico… una sorta di “posizionamento istantaneo” nel più noto motore di ricerca. Real Time Libel: libel significa calunnia, diffamazione. Potresti cercare il nome/brand del tuo competitor, e iniziare a scrivere (utilizzando uno o più account fake) tweet atti ad infangare la sua reputazione. Tweet che, ovviamente, finiranno all’istante nelle SERP del motore, e risulteranno leggibili a tutti coloro che cercano informazioni circa quel determinato marchio/prodotto. Real Time Danger: per danger si intende pericolo, soprattutto per i bambini. La real-time search rimane attiva anche impostando al massimo livello il filtro SafeSearch di Google: qualsiasi malintenzionato potrebbe quindi utilizzare questo canale per mandare messaggini senza alcuna censura, come ad esempio questo:

Esempio di Real-Time Search... o, per meglio dire, Real-Time Spam

Nell’innocente SERP di Sesame Street, si può vedere come un “malvagio tweettatore” abbia potuto inserire un numero di telefono, invitando i giovanissimi utenti a chiamarlo. O, forse peggio, avrebbe potuto inserire un link verso un sito fraudolento, o comunque non adatto ad un pubblico di minori. Concludendo: credo che Google debba in qualche modo filtrare ciò che gli arriva via Twitter. Potrebbe farlo leggendo il contenuto del ginguettio, studiando i link che contiene e anche analizzando a fondo il profilo (dal punto di vista del trust) del tweettatore. Ma dovrebbe farlo preventivamente. Insomma, il real-time dovrebbe essere un pò meno real e un pò più setacciato, se l’obiettivo è quello di tenere alta la qualità delle SERP. O forse l’obiettivo è solo quello di rincorrere Twitter e seguire una moda? 🙂