Link Building

Alla Link Building, ovvero l’arte di acquisire link per scalare i motori di ricerca, sono stati affibbiati vari nomi nel corso del tempo, passando dal concetto di “pescare all’amo” (=Link Baiting) fino a quello di “guadagnare a fatica” (=Link Earning). Ma indipendentemente dai nomignoli i link sono ancora oggi, e nonostante tutti gli altri fattori, fra i principali elementi di posizionamento su Google. In un sondaggio pubblicato su Moz alcuni mesi fa è emerso che SEO e agenzie investono ancora parecchi soldi nell’acquisizione di link: l’81% degli intervistati ha infatti detto di aver aumentato la spesa in link building nel corso degli ultimi 12 mesi, e il 73% che l’aumenterà nei prossimi 12 mesi. E Google invece, cosa pensa dei link? Matt Cutts, nel video qui sotto,

ha affermato che testarono internamente una versione del motore che non faceva uso di link per determinare il posizionamento delle pagine, ma dal test emerse una qualità dei risultati davvero pessima: i link sono quindi imprescindibili anche per Google, ed estremamente utili per determinare la qualità e la rilevanza dei risultati. Il video di Cutts è del 19 Febbraio 2014. Le cose sono cambiate da allora? E soprattutto, come cambieranno nel prossimo futuro? Paddy Moogan, sul Moz Blog, ha cercato di fare una panoramica su passato, presente e futuro della link building. Qui sotto ho provato a tradurre e riassumere i punti salienti del post.

Il Passato

Google non capiva molto dei link. Per esempio, non capiva:

  • Quanto potersi “fidare” di un link
  • Se un link era inserito in un contesto realmente editoriale
  • Se un link era o meno a pagamento
  • Se un link era o meno di alta qualità (il PageRank non è perfetto)
  • Quando un link era rilevante/pertinente

In pratica, in passato un link era semplicemente un link, e chi otteneva più link aveva vinto. Google, per molto tempo, ha cercato di capire quali link erano davvero di alta qualità, e infine – nell’Aprile del 2012 – è arrivato il Penguin. Invece di concentrarsi nel cercare i segnali buoni che identificano un link, il Penguin punta a scovare quelli cattivi: questo approccio non risolve certamente tutti i problemi, ma è risultato piuttosto azzeccato e utile a far piazza pulita di tanti siti cresciuti a suon di link spammosi e di pessima qualità.

Il Presente

Google inizia a capirci qualcosa di più sui link, e più in generale sul “linguaggio”. Hummingbird è solo l’inizio di questo percorso, ed è chiaro che se Google ha oggi una maggior comprensione del significato delle singole query, capisce meglio anche i link. In pochi ricordano che a fine 2012 Google ha assunto Ray Kurzweil, pioniere e guru nel campo dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie di riconoscimento del parlato. “Semantica” e “ontologica” stanno entrando pian piano nello spettro del motore di ricerca. Google inizia a capirci qualcosa di più anche sulle persone. Può suonare brutto, ma Google vuole quanti più dati possibili sui suoi utenti, in modo da proporre loro la miglior pubblicità possibile. Le parole chiave che vengono digitate in Google possono non rispecchiare esattamente ciò che l’utente desidera davvero trovare: Google ha bisogno di sempre maggior “contesto”. Tom Anthony spiegò molto bene questo passaggio da keyword a context, e quello degli aspetti espliciti e impliciti delle query. Tutto ciò dovrebbe rientrare inevitabilmente anche nel modo con cui oggi si fa link building.

Il Futuro

Alla luce di quanto sopra, ci sono un paio di aspetti da considerare riguardo il futuro della link building.

1. L’anchor text avrà sempre meno importanza

Non siamo ancora al punto in cui questo fattore può dirsi morto, ma nel corso del tempo è stato molto svalutato da Google, probabilmente anche per il fatto che coloro che utilizzavano massicciamente testi ancorati con parole chiave a corrispondenza esatta erano solo i SEO. Se oggi ricevi la stragrande maggioranza dei link con la stessa keyword nell’àncora rischi grosso, in quanto Google sa bene che la cosa è innaturale. Probabilmente in futuro Google non avrà più bisogno di questo segnale, riuscendo meglio a comprendere contenuto e contesto di una pagina web.

2. Il deep linking avrà sempre meno importanza

Immaginiamo che hai un sito che vende PC portatili. Ogni prodotto avrà la sua pagina, e se vendi modelli diversi avrai anche le pagine di categoria. Con prodotti di questo tipo è probabile che tanti altri siti vendano gli stessi tuoi prodotti con le stesse specifiche tecniche, e probabilmente le pagine di questi siti sono simile alle tue. Come fa Google a decidere quale sito/pagina posizionare meglio? La risposta può essere “i link verso queste pagine prodotto”, ma è una risposta un po’ riduttiva. E’ probabile che in futuro Google capisca meglio le sottili differenze fra le query, indirizzando l’utente verso la pagina più pertinente. Qualche esempio: [recensioni pc portatili] -> voglio comprare un portatile, ma non so quale. [recensioni portatili asus] -> mi piace Asus, voglio saperne di più sui loro portatili. [recensioni portatili sony] -> mi piace anche Sony, e voglio saperne di più anche sui loro portatili. [recensioni sony vs asus] -> sono confuso, mi piacciono entrambi, voglio confrontarli per decidere. [pc portatile asus] -> voglio un portatile Asus. Questo potrebbe essere il percorso di ricerca fatto dallo stesso utente nel corso del tempo, e che Google deve interpretare e comprendere per fornirgli il miglior risultato possibile. Ma ci sono anche altre variabili che possono entrare in gioco:

  • Luogo geografico: se sono alla fermata dell’autobus col mio smartphone e sto cercando un portatile da 1.000 euro, è probabile che non lo comprerò in quel momento, ma che sto solo cercando qualche informazione in più per ingannare il tempo
  • Dispositivo: sono su uno smartphone, e il sito che sto guardando non è ottimizzato per dispositivi con lo schermo piccolo. Pertanto potrei decidere di non acquistare il prodotto per questo motivo
  • Ricerche precedenti: ho cercato varie alternative e ho visitato vari siti, ma poi torno sempre e comunque ad un sito sul qualche ho già fatto acquisti di questo tipo in passato

Questi sono solo alcuni dei fattori che Google potrebbe prendere in considerazione. E’ quindi abbastanza facile capire che i link verso una specifica pagina di un prodotto non potranno più essere il fattore principale usato per determinare il posizionamento della risorsa nel motore di ricerca. Più possibilità per le piccole aziende? Ci sono settori online dove le possibilità di competere sono praticamente nulle se non si ha un ottimo prodotto e un enorme budget da investire (in link e non solo). Ma probabilmente il futuro permetterà ai piccoli di emergere, anche con una minor quantità di link, perlomeno per alcune tipologie di query attinenti a determinati settori, ambiti, e situazioni. Come accennato sopra, il contesto è fondamentale e permette a Google di fornire all’utente la risposta più pertinente rispetto al contesto della ricerca effettuata. Non sempre i siti dei grossi brand possono essere l’unica risposta a ciò che cerca l’utente, e quindi in certe nicchie, magari sulla coda lunga, magari sull’iper-locale, possono esserci ottime opportunità anche per i più piccoli.

Le implicazioni

Predire il futuro è assai complesso, ma dovresti provare almeno a fare queste 4 cose. 1. Poniti domande davvero difficili Se vuoi competere e vincere sul mercato, devi innanzitutto chiederti:

  • Perché la mia azienda esiste? (una buona risposta non dovrebbe avere nulla a che fare con i soldi)
  • Perché merita di posizionarsi bene su Google?
  • Cosa mi differenzia dai concorrenti?
  • Se scompaio domani da Google, qualcuno se ne accorgerebbe?
  • Perché dovrei meritare dei link?
  • Che valore offro agli utenti?

Le risposte a queste domande non conterranno probabilmente la formula magica, ma ti permetteranno di capire se i link (e i clienti) che hai sono “meritati” o meno. 2. Smettila di cercare tecniche di link building che scalano Tutte le tecniche utilizzate su larga scala rischiano, prima o poi, di finire sotto la scure del webspam team di Google. Crea dei contenuti fantastici e promuovili, ma non puntare a ottenere tanti link acquistandoli o in altri modi troppo “diretti”. 3. Inizia col fare un tipo di marketing che possa essere amato dai tuoi utenti Senza necessariamente puntare a cose come la pubblicità di Volvo (con Jean-Claude Van Damme) o quella di Old Spice, fai qualcosa che possa essere amato e condiviso dal tuo pubblico di riferimento: basta un grande prodotto, un messaggio divertente, e concentrarsi sul dare valore. 4. Non fare lo struzzo La cosa peggiore che puoi fare è quella di nascondere la testa sotto lo sabbia, ignorando ciò che sta succedendo. Google sta cambiando, le aspettative e i comportamenti degli utenti stanno cambiando, la SEO e la link building stanno cambiando. E dobbiamo continuare ad adattarci, se vogliamo sopravvivere.

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