Facebook Click Baiting

Il 25 Agosto 2014, Facebook ha annunciato provvedimenti nei confronti degli editori che utilizzano tecniche di click baiting nei titoli dei contenuti. L’obiettivo del social network è infatti quello di “aiutare le persone a trovare post e link interessanti e rilevanti, ed eliminare contenuti che vengono segnalati come spammosi e che non vogliono essere visti”, e questo modo di titolare i post non si sposa con i suoi scopi. In pochi ricordano che già alcuni mesi fa, e precisamente il 10 Aprile 2014, Facebook fece un annuncio molto simile, nel quale ad essere presi di mira furono il like baiting, i contenuti ripubblicati di frequente e i link spammosi. Questo nuovo comunicato sembra essere nel solco del precedente, ma stringe il cerchio soprattutto attorno agli editori “furbetti”, onnipresenti nei News Feed, che col passare del tempo hanno affinato tecniche sempre più spinte per portare traffico da Facebook verso i loro siti web. Leggiamo quindi con attenzione il punto relativo ai

Click-Baiting Headlines

In italiano, lo tradurrei con “titoli acchiappa-click”, ovvero titoli con un link che incoraggia l’utente a cliccare per approfondire, senza però dargli troppe informazioni su ciò che vedrà una volta effettuato il click. In base ad un sondaggio di Facebook circa i contenuti che si preferisce visualizzare nel News Feed, nell’80% dei casi la risposta degli utenti è stata quella di preferire titoli che aiutano a decidere se leggere o meno l’articolo PRIMA di cliccarci sopra.

Come fa Facebook a determinare quali titoli sono “acchiappa-click”?

In due modi. Il primo ricorda molto quello che si pensa venga utilizzando anche da Google per misurare la qualità dei risultati delle sue SERP. In pratica, se un utente clicca su un contenuto e spende del tempo a leggerlo, è un segnale positivo. Se invece clicca su un link ma poi torna immediatamente indietro su Facebook, significa che non ha trovato ciò che voleva. Il secondo fattore, consiste invece nell’esaminare il rapporto fra le persone che cliccano su un contenuto e quelle che ne discutono e lo condividono con i loro amici. Se un sacco di gente clicca sul link, ma in pochi poi cliccano “Mi piace” o lasciano un commento quando ritornano su Facebook, è un segnale che non hanno trovato un contenuto di valore. Questi comportamenti vengono da oggi monitorati, e (si suppone) che i contenuti dai quali si “rimbalza indietro” in fretta, o che hanno un rapporto troppo sbilanciato fra click e apprezzamenti sociali, vengano penalizzati nel News Feed.

Che fine faranno certi editori?

Inutile nascondersi dietro ad un dito: ci sono tanti, notissimi editori, italiani e non, che fanno un notevole traffico da Facebook proprio grazie da un largo uso di titoli ingannevoli e fuorvianti. O – se vogliamo riderci sopra – utilizzando una titolazione molto simile a quella che troviamo all’interno del quadrato semiotico del click baiting,

Quadrato semiotico del click baiting

dove vince il mix tra idiozia e cattivo gusto. Facebook ha (giustamente) preso provvedimenti nei confronti delle tecniche utilizzate da questi soggetti, alcuni dei quali affermano comunque di non utilizzare un click baiting troppo spinto: un nome su tutti quello di Upworthy, sito che è arrivato a toccare gli 87 milioni di utenti unici al mese, e che ha dichiarato pubblicamente di lavorare in modo scientifico sui titoli (ne testa fino a 25 diversi per ogni contenuto) ottimizzandoli in modo da renderli il più possibile cliccabili su Facebook:

L'approccio di Upworthy a Facebook

Un portavoce di Upworthy ha appena detto che sono felici della nuova focalizzazione di Facebook nei confronti dell’engagement, visto che i loro contenuti registrano un’attenzione (misurata in minuti) enorme e che hanno una media di 25.000 like, condivisioni e commenti per post, media 39 volte superiore a quella dei primi 25 editori del web. Molto simili le affermazioni di BuzzFeed di alcuni mesi fa: Jonah Peretti, CEO e fondatore del sito, disse che il loro obiettivo è quello di lavorare sul lungo termine, di investire continuamente per rendere migliori i propri contenuti, di fare ricerca e sviluppo su nuovi formati e in nuove aree (liste, quiz, contenuti esplicativi, mobile, video, ultim’ora, contenuti lunghi), e soprattutto di NON utilizzare titoli ingannevoli, di NON cercare di fregare l’utente, ma di mettere il lettore al vertice delle priorità. Quindi il “trucco”, se di trucco si può parlare, è quello da un lato di scrivere titoli in grado di fare moltissimi click, e dall’altro di far atterrare il lettore su contenuti coinvolgenti, ottenendo un alto tempo di permanenza sulla pagina e un buon numero di apprezzamenti sociali. Quanti editori saranno in grado di farlo? E quanti invece spariranno dal News Feed di Facebook?