Oggi è il giorno del lancio di Huffington Post in Italia. Mi chiedo da tempo quale sia la strategia che ha spinto i vertici di HuffPo a sbarcare nel Bel Paese, dove il numero di utenti in target non è ‘sto granché e i “siti alternativi” ai grossi quotidiani online (parlo di cose come Il Post, Lettera43 e Linkiesta, giusto per fare 3 nomi) esistono (e soprattutto annaspano) già da parecchio tempo. Azzardo un (triste) pronostico: vista l’attuale congiuntura economica, che ha colpito – inutile nasconderlo – anche la pubblicità online, qualcuno di questi capotterà a breve. A meno che investitori e VC non continuino a pompare soldi nei rispettivi siti senza troppo badare ai profitti, sperando fino all’ultimo che il mercato riparta (e che a lasciarci le penne sia il rivale). Ma soprattutto leggo che “i blog [presenti nell’Huffington Post] non sono un prodotto giornalistico, sono commenti, opinioni su fatti in genere noti; ed è uno dei motivi per cui i blogger non vengono pagati”. Quindi il commento e/o l’opinione su un fatto non è giornalismo (chissà cosa pensano di questa affermazione certi columnist, ben stipendiati, di noti quotidiani). E dunque commenti e opinioni non meritano di essere pagati, almeno secondo quanto dichiarato da Lucia Annunziata, direttore di Huffington Post Italia, in un’intervista rilasciata per il numero di settembre di Prima Comunicazione. Economicamente commenti e opinioni sui fatti, per lei e per l’HuffPo, non valgono nulla. Mi chiedo fino a quando ci sarà gente disposta a barattare presunta visibilità con lavoro gratuito, fino a quando ci saranno persone che produrranno contenuti per colossi che macinano milioni di fatturato in cambio di pacche sulle spalle. “Iniziamo con circa 200 blogger, ma finché non arriviamo a 600 non mi sento tranquilla” ha affermato l’Annunziata. Forza dunque, sgomita anche tu per uno dei 400 posti di lavoro non retribuito: non vedrai il becco di un quattrino, ma potrai vantarti di aver contribuito a tranquillizzare la povera Lucia.